Budapest, sulle rive del Danubio, il fiume che dona alla città una nota romantica ed appassionata, il fiume che ispirò le più belle liriche del grande poeta magiaro Petofi Sàndor. La chiesa Matjias, il Parlamento, la Biblioteca, il ponte Margit e quello delle Catene, le colline silenziose di Buda con il Palazzo Reale, il monte Gellert. E là, in mezzo al grande fiume, l’isola Margherita, la perla del Danubio, con i suoi stupendi giardini. La Juventus deve affrontare la partita di ritorno della Coppa dei Campioni, edizione 1972-73, contro l’Ujpest Dosza, squadra di Budapest, appunto; ha il suo quartier generale al “Grand’Hotel”, sulla punta nord dell’isola. Un posto tranquillo, appartato, che invita alla riflessione ed alla meditazione. In quel silenzio i calciatori bianconeri stanno preparando un’impresa che non trova molti precedenti nella loro storia e nemmeno in quella di altre famose società italiane, perlomeno sino a quel momento. Il risultato di 0 a 0, ottenuto nella partita giocata a Torino, non concede troppe speranze ai ragazzi di “Cesto” Vycpalek; quella sera, la Juventus si era battuta, aveva lottato, più con i muscoli che con il cervello senza l’indispensabile aiuto della fortuna. Non si trattava certo di una crisi di carattere tecnico, esistevano motivi psicologici direttamente collegati alla disgraziata partita giocata dalla Nazionale ad Istanbul. Quel giorno Valcareggi, C.T. azzurro, aveva fatto appello alla grinta ed all’unità della compagine bianconera, per conquistare il salvacondotto per il girone finale dei Campionati del Mondo in Germania. I giocatori bianconeri avevano risposto con serietà, con umiltà, con la coscienza di poter, in qualsiasi modo, raggiungere l’obbiettivo. La Nazionale aveva vinto ad Istanbul grazie ad una rete di Anastasi ed il traguardo era stato raggiunto. Al ritorno in patria i calciatori azzurri della Juventus avevano visto e letto, specie su alcuni giornali, reportage carichi di antipatia e di derisione. Alcune critiche erano state decisamente pesanti; tra le pieghe della critica c’era tutto il veleno scientificamente preparato per gettare discredito su questi ragazzi, colpevoli di aver vinto senza aver dato spettacolo, di aver segnato solamente un goal, senza aver umiliato i proletari calciatori turchi. Molti atleti bianconeri, giovani e suscettibili, avevano risentito in modo addirittura irrazionale delle critiche. La seconda mazzata, sul piano morale, era arrivata con il risultato negativo del derby e questa sconfitta aveva peggiorato la posizione in classifica, aumentando il distacco dal Milan capolista. Sull’onda tempestosa della contestazione, la squadra era approdata alla prima delle due partite con l’Ujpest in precarie condizioni psicofisiche. Al fischio d’inizio era, però, scattata la molla dell’orgoglio e, per quasi tutto il primo tempo, i bianconeri erano andati vicinissimi al successo. Se fossero entrati nella rete magiara almeno due di quei palloni che invece erano stati fortunosamente respinti dalla linea di porta, il viaggio a Budapest sarebbe avvenuto in condizioni nettamente migliori. Il tecnico dei “viola”, Imre Kovacs, ostentando una grandissima sicurezza parla dell’esito della partita con la Juventus con i giornalisti; il risultato, secondo Kovacs, non deve nemmeno essere posto in discussione. Si può, semmai, dissertare su come e quando i magiari metteranno a segno quei quattro o cinque goals della loro stupenda vittoria. «Quando l’Ujpest imbrocca la giusta strada», dichiara Kovacs, «non esiste squadra al mondo in grado di contrastarle il passo, si trattasse pure della nazionale del Brasile o di quella della Germania di Netzer e Beckenbauer». Nel corso dell’ultimo lavoro di rifinitura, effettuato dai bianconeri sul campo di allenamento dell’Ujpest sferzato da un gelido vento, Vycpalek risponde alla guasconata del tecnico magiaro: « Meglio così !!! Al primo intoppo andranno in crisi. È inevitabile, quando il minestrone è condito solo con la prosopopea e la sicurezza !!!» Arriva la sera della partita: è il 21 marzo 1973 e questo è lo schieramento delle squadre in campo: UJPEST: Szentmihalyi; Kolar, Duna III; Toth, Harsanyi, Horvath; Fazekas, Juhasz, Bene, Nagy, Zambo. JUVENTUS: Zoff; Spinosi, Longobucco; Furino, Morini, Salvadore; Causio, Cuccureddu, Anastasi, Capello, Altafini. Il primo intoppo, purtroppo, lo ha la squadra bianconera, quando la lancetta del cronometro non ha fatto nemmeno mezzo giro del quadrante; venticinque secondi dopo il fischio d’apertura dell’arbitro belga Delcourt, infatti, Zoff deve raccogliere in fondo alla rete il primo pallone. L’urlo dei tremila fedelissimi bianconeri, arrivati con ogni mezzo nella capitale ungherese, si strozza in gola; le bandiere, i vessilli bianconeri ammainati troppo presto. La Juventus si lancia al contrattacco; l’Ujpest ricama, sul terreno amico, un fraseggio non più barocco, come quello delle squadre ungheresi di trenta anni prima, ma più razionale, preciso e moderno. I terzini partecipano all’azione corale della squadra, avanzando sulle fasce laterali e portando preziosi palloni destinati al saettante “destro” di Bene oppure alla testa di Nagy e Toth, sempre puntuali all’appuntamento, anche se in arrivo dalle retrovie. È una fitta ragnatela di passaggi, uno scambio quasi automatico, facilitato dall’eccezionale bravura nel palleggio. La Juventus subisce, ma non china supinamente il capo. Il centrattacco avversario Bene non gode più di una qualsiasi libertà; Morini gli ha preso le misure, lo anticipa, lo blocca, non gli concede tregua. Longobucco meraviglia italiani ed ungheresi per lo scatto e l’elevazione. Fazekas, con il trascorrere dei minuti, capisce che per lui le difficoltà sono in aumento. Spinosi lotta come un leone su Nagy, Furino, Capello e Cuccureddu attraversano il campo in ogni direzione, controllano ogni avversario che si presenti verso l’area bianconera. Ma, nonostante tutto questo, al 13’ arriva la seconda mazzata; Salvadore è colpito da una pallonata di Toth, sceso sulla fascia sinistra, ed il pallone oltrepassa la linea di fondo. Dalla bandierina del calcio d’angolo, Bene tocca corto per Zambo; traversone a mezz’altezza, respinge un difensore juventino. Sulla sfera si avventa Toth, appostato al limite dell’area; controlla il pallone, se lo porta sul destro e spara verso la porta bianconera. La palla picchia sotto la traversa, proprio alla confluenza con il montante alla sinistra di Zoff, e finisce in rete. In quell’attimo molti tifosi juventini hanno visto apparire lo spettro di una clamorosa ed indimenticabile débacle ed è tornato in mente lo 0 a 7 di Vienna, anche questo subito sulle rive del Danubio. Ma, inaspettatamente, avviene il miracolo; i giocatori bianconeri si ribellano al destino avverso. Si guardano in faccia, si organizzano, decidono di morire di fatica sul campo, ma di riabilitarsi agli occhi di tutti i loro tifosi, quelli che sugli spalti gelidi dello stadio magiaro o con l’orecchio incollato alle radioline, seguono la storia di questa drammatica partita. In tribuna, accanto a Janos Kadar, c’è Giampiero Boniperti; forse, ascoltandone la voce, la Juventus capisce che deve riscattarsi, dimostrare che la squadra campione d’Italia non è inferiore a quella campione d’Ungheria. I protagonisti della riscossa sono due: “Billy” Salvadore, il capitano, Josè Altafini, il campione che nella sua lunga carriera ha vinto tutto. Salvadore si piazza ai limiti dell’area, allarga le braccia come a dire: «di qui non passa più nessuno». Altafini affonda il capo tra le spalle, chiede ai muscoli prodigiosi gli scatti degli anni verdi, tocca stupendi palloni, corre, svaria implacabile. Ed alla mezzora del primo tempo, Capello recupera una palla destinata ad uscire dalla linea laterale e la tocca corta per Anastasi, che guizza verso il fondo; il centravanti bianconero si arresta improvvisamente ed effettua un traversone teso, molto invitante per un campione di razza come Josè. Lo stacco è stupendo, il brasiliano vola più alto di tutti, incorna leggero e devia imparabilmente alla sinistra dell’esterrefatto portiere magiaro; la partita cambia completamente volto. La Juventus intuisce che il contraccolpo psicologico per gli avversari è stato pesante, mentre l’Ujpest comprende che i bianconeri hanno a portata di mano quel risultato di parità che garantirebbe loro la qualificazione. È la Juventus, nonostante gli sforzi dei “viola” di Kovacs, ad assumere l’iniziativa. Il pubblico, incredulo, non può che ammirare un Causio strepitoso, un Cuccureddu che ha una marcia in più, un Capello che entra con autorità nella cabina di regia, un Furino che diventa padrone del centrocampo. E, davanti, due giocatori imprendibili, Altafini ed Anastasi, frecce nei fianchi di una difesa magiara, ormai in evidente difficoltà. All’inizio della ripresa, l’Ujpest ha un sussulto orgoglioso, ma la Juventus va all’attacco, vola verso l’area avversaria come ai bei tempi della stagione precedente. Altafini “brucia” sullo scatto ragazzi di dieci anni più giovani di lui, Anastasi crea immensi varchi, Causio umilia con dribbling e tunnel i presuntuosi uomini di Kovacs. Inevitabilmente, arriva il pareggio juventino; è Causio a toccare un pallone per Capello che serve Anastasi. “Pietruzzo” scatta e scocca un tiro rasoterra; il piede di Kolar alza a candela la sfera. Pietro sembra una tigre, si catapulta in tuffo orizzontale, incorna seccamente ed il cuoio vola alle spalle del portiere ungherese. Là, in fondo alla rete, c’è la qualificazione della Juventus alle semifinali di Coppa dei Campioni. L’Ujpest reagisce furiosamente, si avventa contro la porta juventina, ma va a sbattere il capo contro una muraglia umana: Morini, Salvadore, Spinosi, Longobucco, Furino, Capello, un argine insuperabile. Ma un pallone filtra, un tiro micidiale, carico di pericolo; Zoff, portiere azzurro, vola, tocca con la mano, devia in angolo. Poi il fischio finale di Delcourt ed il trionfo bianconero al centro del campo. Gli uomini della panchina hanno le lacrime agli occhi ed abbracciano i compagni che hanno portato a termine quest’impresa strepitosa. A notte alta in una camera dell’hotel, Boniperti ed alcuni amici rivivono il momento magico della “Vecchia Signora”; si parla già del Derby County. Come andrà a finire è storia nota; gli inglesi spazzati via senza alcun patema d’animo e la sfortunata finale di Belgrado contro l’imbattibile corazzata di Johann Cruijff. Ma non si può negare che, quella Coppa dei Campioni 1972-73, fu una cavalcata entusiasmante ed emozionante, da ricordare ai posteri, nonostante lo sfortunato epilogo.
Ecco i commenti dei giornali dell’epoca:
“TUTTOSPORT” La Juventus ha scritto una delle più esaltanti pagine della sua giovane storia. Entra trionfalmente nelle semifinali della Coppa dei Campioni col viatico di un’impresa memorabile, realizzata in circostanze tremende, contro un avversaria inizialmente travolgente. Folgorata da un goal di Bene a 25” dal fischio di partenza, trafitta nuovamente da una cannonata di Toth al 13’, la Juventus non solo non è crollata, ma è riuscita gradualmente a prendere il controllo della partita. Giocando calcio autentico, ha ridotto le distanze alla mezzora e, da quel momento, l’Ujpest ha perso le misure dell’avversario bianconero da esso giudicato facile fino all’inconsistenza.
“CORRIERE DELLO SPORT” Questa è stata una delle partite più emozionanti ed entusiasmanti che abbiamo mai vissuto con una squadra italiana all’estero, nella Coppa dei Campioni, e la Juventus che l’ha giocata con la grinta, l’autorità, la classe e lo stile della formazione di alto rango, si è prepotentemente affacciata da stasera fra i maggiori valori del calcio internazionale.
“STAMPA SERA” Accoglietela con tanti applausi questa Juventus. Li merita. Non torna vittoriosa, ma ha in tasca la promozione alle semifinali della Coppa dei Campioni ed il 2 a 2, caparbiamente conquistato ieri sera sul campo periferico dell’Ujpest, vale quanto una vittoria. Anzi, ha maggior pregio, perché è il risultato di una partita tenacemente combattuta e della quale la Juventus ha il grandissimo merito di averne capovolte le sorti, mentre a rigor di logica e per generale impressione non c’era più nulla da fare. Guardate oggi alla TV il film della gara; proverete le stesse emozioni che noi abbiamo vissuto insieme alla pattuglia dei tifosi di incrollabile fede bianconera e, nel fluire delle immagini, matureranno in voi le stesse emozioni. Non inviandole sui teleschermi in cronaca diretta, la TV ha ieri insensatamente sprecato una grande occasione, ha negato agli italiani di assistere ad uno spettacolo appassionante ed ha pure reso un pessimo servizio al calcio.
“LA STAMPA” Con terribile vigoria, quell’indispensabile in Coppa, la Juventus ha superato un turno che sarebbe stato giudicato proibitivo dopo soli tredici minuti di gioco. In questi tredici minuti, infatti, l’Ujpest, con velocissime e fortunate aggressioni, aveva già ottenuto due goals di vantaggio e, per i bianconeri, tutto pareva compromesso. Ma la Juventus di Budapest ha imposto alla gara un carattere ed una determinazione agonistica terribili, disponendosi sia a contrare sia a recuperare lo svantaggio. Un principe, e cioè Josè, ha propiziato il recupero. Due enormi difensori, Salvadore e Zoff, hanno difeso il pareggio, lottando come acrobati e pantere.
“GAZZETTA DEL POPOLO” È festa stasera, a Budapest, per la Juventus semifinalista di Coppa dei Campioni. Oltre duemila italiani la stringono idealmente in un abbraccio affettuoso, riconoscenti per lo spettacolo calcistico e per la prova di orgoglio, di maturità e di responsabilità che ha loro regalato. E ci si deve chiedere, se è consentito, chi altri sarebbe risalito dalle voragini di uno 0 a 2, in campo esterno, dopo tredici minuti di gara. Vi è riuscita la Juventus; con il gioco soprattutto, con l’intelligenza tattica, con una lenta e irresistibile reazione che l’ha portata al successo più che meritato e ne ha fatto, stasera, un alfiere degnissimo dello sport italiano.
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