Tutte le partite ufficiali della stagione |
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N |
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31 |
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T |
La Juventus dal 1900 ad oggi |
Gare ufficiali |
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Serie A |
4.579 |
Giocate |
3.088 |
2.508 (54,77%) |
Vittorie |
1.699 (55,02%) |
1.172 (25,60%) |
Pareggi |
836 (27,07%) |
899 (19,63%) |
Sconfitte |
553 (17,91%) |
8.194 |
Fatti |
5.378 |
4.459 |
Subiti |
2.910 |
C. Europee |
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Era 3 pti (uff.) |
512 |
Giocate |
1.557 |
281 (54,88%) |
Vittorie |
927 (59,54%) |
113 (22,07%) |
Pareggi |
369 (23,70%) |
118 (23,05%) |
Sconfitte |
261 (16,76%) |
871 |
Fatti |
2.737 |
472 |
Subiti |
1.378 |
Tutti i numeri della Juventus |
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Pubblicato il 13.06.2008
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L'Italia campione d'Europa
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di Bidescu
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Dopo il Mondiale del 1966, quello della vergogna, l’Italia calcistica è distrutta e deve essere ricostruita. In tutti gli stadi di calcio si urla “Corea” e la Nazionale è allo sbando. Edmondo Fabbri è esonerato, terminando in questo modo la sua breve carriera di allenatore a grande livello; al suo posto è chiamato Ferruccio Valcareggi, già secondo di Fabbri in Inghilterra ed al quale è attribuito l’infausto appellativo di “Ridolini” dato ai coreani. In ogni modo, il tecnico toscano è una persona saggia a competente, l’uomo giusto al posto giusto. Di lui, Mazzola dirà: «fu chiamato al vertice della Nazionale in un momento difficilissimo, quando occorreva ripristinare serenità, dentro un ambiente devastato dalle polemiche e non sbagliò una mossa». Il primo compito di Valcareggi è quello di preparare la squadra per il Campionato Europeo. Le prime due edizioni della competizione si svolgono con il nome di “Coppa Europea”; dal 1968 la manifestazione prende la denominazione di “Campionato Europeo delle Nazioni”. Alla squadra vincitrice è assegnata la “Coppa Henri Delaunay”, intitolata al nome del defunto segretario della Federazione Francese e dell’UEFA, che promosse la competizione. Per qualificarci dobbiamo affrontare Romania, Cipro e Svizzera, in un girone all’italiana. La Nazionale supera facilmente l’ostacolo, segnando diciassette goals (sei di Riva, cinque di Mazzola, tre di Domenghini, uno a testa di Facchetti, Depaoli e Bertini) ed approdando ai quarti di finale. Avversaria la Bulgaria in un doppio confronto, andata e ritorno. A Sofia, poiché non è disponibile Riva, indossa la maglia numero undici Pierino Prati, detto “la peste”, ala sinistra del Milan. Prati ha un bel tiro, è bravo in acrobazia, tecnicamente non è molto raffinato, ma ha un grande vantaggio: gioca con Rivera. Grazie ai lanci del “Golden boy”, Prati diventa cannoniere del campionato. Lo schema è sempre quello: assist del numero dieci, conclusione di Prati, di testa o di piede. Pierino sbaglia anche goals incredibili, ma i lanci di Rivera sono al millimetro, c’è sempre una possibilità di rifarsi. In Bulgaria, la difesa azzurra sbanda e subisce tre goals. É una partita dagli umori strani, i bulgari passano in vantaggio su rigore. Rimediamo il pareggio su un’autorete di Penev, ma i nostri avversari, più mobili e determinati in tutte le zone del campo, dominano la partita e si portano sul 3 a 1. Prati, a pochi minuti dalla fine corona il suo debutto, con un goal in acrobazia che si rivelerà utile per la qualificazione. A Sofia, Armando Picchi gioca la sua dodicesima ed ultima partita in Nazionale; il libero dell’Inter sta ormai concludendo la carriera nel Varese, dopo l’ennesimo litigio con il “Mago” Herrera. È un addio amaro, drammatico; Picchi cade cercando di fermare il bulgaro Zhecev, il portiere Albertosi gli frana addosso. Il responso medico parla chiaro: frattura del bacino. Nella gara di ritorno, il tifo di Napoli trascina la Nazionale al sorpasso. L’impresa non è facile: non si deve prendere goals e segnarne almeno due. Davanti al debuttante Zoff, giocano Burgnich e Facchetti, lo stopper è Guarneri, il libero è Salvadore. La partita viaggia sul filo dell’incertezza, i bulgari sono avversari ostici e la vittoria nel match d’andata li incoraggia. I nostri avversari si portano in attacco con puntate improvvise, condotte da Bonev ed Asparuhov. Proprio su un colpo di testa di quest’ultimo, Zoff compie un prodigio, salvando il risultato. Riva non è ancora disponibile e Valcareggi conferma Prati all’ala sinistra. Proprio il milanista sblocca il risultato al quarto d’ora con un goal bellissimo: un gran tuffo su un traversone basso, una fiondata di testa imparabile per Simeonov. Il raddoppio azzurro giunge al 55simo per opera di Domenghini; è il goal della sicurezza e della qualificazione. Sugli altri campi, fa scalpore l’eliminazione dei vice-campioni del mondo della Germania Ovest, alla loro prima partecipazione, ad opera di una sorprendente Jugoslavia e di una scomoda Albania, che costringe i tedeschi ad uno storico 0 a 0 e li elimina dalla competizione. Insieme all’Italia, vanno avanti i Campioni del Mondo dell’Inghilterra, la Jugoslavia e l’Unione Sovietica. La fase finale si gioca in Italia, per celebrare il settantennio della Federazione Italiana Gioco Calcio. È una grande occasione per la nostra Nazionale; non vinciamo più una competizione internazionale dai Mondiali di Pozzo. Inghilterra ed Unione Sovietica sembrano alla portata, ma le preoccupazioni maggiori le crea l’inesplicabile Jugoslavia, mix di talento e forza fisica, sagacia tattica ed estro individuale. La nostra semifinale si gioca ancora al “San Paolo”; una cornice di folla esaltante avvolge la partita. La formazione russa incute rispetto, nonostante l’assenza del “Ragno nero” Lev Yashin. I giocatori di maggiore spicco sono il capitano Scesternev, gli attaccanti Baniscevski e Logofet. I sovietici con il loro non gioco, imbrigliano l’estro di Rivera e Mazzola e contengono le sfuriate del generoso Domenghini. Anche l’Italia, però, non fa molto per vincere e si limita a battagliare a centrocampo, dove il nodo della partita ancora non si riesce a sciogliere. Si fa male Rivera; siccome non sono ancora ammesse le sostituzioni, il “Golden boy” si piazza all’ala sinistra, rinunciando a partecipare al gioco e gli azzurri restano, in pratica, in dieci. La partita sembra interminabile, gli spalti vivono con partecipazione i 120 minuti di gioco, un palo di Domenghini ricaccia in gola l’urlo del “San Paolo”. L’arbitro tedesco Tschenscher pone fine alle ostilità e chiama i capitani negli spogliatoi: non è ancora prevista la soluzione ai calci di rigore e la partita è decisa con il lancio della monetina, mentre un irreale silenzio accompagna dalle tribune la definitiva sentenza. L’arbitro tedesco Tschenscher lancia la monetina in aria, davanti ai capitani Facchetti e Scesternev. Al primo lancio la monetina rimane in bilico in una fessura del pavimento. L’arbitro ripete il lancio che stavolta dice: “Italy”. Facchetti e, dietro di lui, gli altri azzurri si precipitano in campo con le braccia alzate. Prima che gli altoparlanti annuncino l’esito del sorteggio, il pubblico capisce, esplodendo in un boato. Le leggende su quella giornata si sono sprecate negli anni, chiamando in causa San Gennaro e gli equilibrismi mistici della moneta, sospinta nella rotazione dal pubblico. Il resto della giornata è composto di feste e colori, di scie di scongiuri e cabale. Nella seconda semifinale, alla forza fisica dei rimaneggiati inglesi Campioni del Mondo, la Jugoslavia oppone la brillantezza dei suoi talenti, in particolare del produttivo Dzaijc, sempre pronto sotto porta. Bobby Charlton non è in giornata, gli slavi giocano meglio, ma il goal non arriva. Quando il match sembra volgere ai supplementari, Dzaijc inventa la giocata che vale la finale. Nella “finalina” gli inglesi hanno la meglio sull’Unione Sovietica, ormai svuotata di stimoli e forze, segnando con Bobby Charlton e Hurst le due reti della vittoria. I giorni che precedono la finalissima sono all’insegna delle parole soppesate e delle dichiarazioni tranquille dei protagonisti, anche se il tecnico jugoslavo Mitic non nasconde la fiducia riposta nei suoi, sbilanciandosi nel pronostico e dichiarando: «sconfitti i migliori del mondo, mi sembra ovvio che adesso possiamo tranquillamente ripeterci contro gli azzurri». L’8 giugno 1968, alle ore 21:15, l’Italia scende in campo allo stadio “Olimpico” per il titolo europeo, il primo grande traguardo del dopoguerra. Nell’Italia non c’è Rivera, infortunato, mentre Osim è il grande assente degli slavi. Valcareggi inserisce Anastasi per Mazzola ed il difensore Guarneri per Bercellino. Il dieci di Rivera va a Lodetti. Queste le formazioni: Italia: Zoff, Burgnich, Facchetti, Guarneri, Castano, Ferrini, Domenghini, Juliano, Anastasi, Lodetti, Prati. Jugoslavia; Pantelic, Fazlagic, Damjanovic, Pavlovic, Paunovic, Holcer, Petkovic, Trivic, Musemic, Acimovic, Dzajic. La squadra balcana conduce subito il gioco, rendendosi pericolosa e mettendo alle corde gli azzurri, con un gioco fitto di trame e con gli spunti del bomber Dzajic, che gelano lo stadio “Olimpico” con un bel goal al 38simo. La squadra azzurra così impostata non piace, accusa le assenze dei giocatori di maggior fantasia e Domenghini si ritrova ai margini del gioco, troppo in disparte su quella fascia dove non riesce ad avere i rifornimenti per prodursi nelle sue incontenibili volate, mentre in attacco né Prati, né Anastasi trovano gli spazi per superare l’arcigna retroguardia degli avversari. Il goal stordisce gli azzurri, ma anche gli slavi che, invece di cercare raddoppio che avrebbe chiuso la partita, attuano un gioco d’attesa, per arrivare al fischio finale senza pericoli. Invece Domenghini, su punizione, indovina l’angolo giusto attraverso un buco della barriera e pareggia. Ci da una mano l’arbitro svizzero Dienst negando agli slavi un netto rigore per fallo su Dzaijc. Finisce 1 a 1 anche dopo i supplementari, la partita va ripetuta. Gli jugoslavi sono furiosi con l’arbitro e le polemiche infuriano. Valcareggi, intanto, è messo sotto accusa, tanto che nella ripetizione presenta cinque elementi nuovi: Riva, Salvadore, Rosato, De Sisti e Mazzola. I giorni che precedono la ripetizione sono riempiti da grandi incoraggiamenti da parte del tifo innamorato della gente, oltre che un autentico supplizio per i protagonisti, logorati dall’attesa snervante e sempre troppo lunga. Ma sono i giorni dei più forti, di quei calciatori che sanno gestire i muscoli e le emozioni, che non si perdono troppo nei faccia a faccia con la storia, nei momenti di chi vuole vincere ad ogni costo. E l’Italia-bis ha tutto questo, sembra un’altra squadra, meglio miscelata nella componente fisica ed in quella tecnica. Mazzola può giocare a tutto campo e Riva sgomitare per aprire gli spazi, mentre la manovra si articola in maniera più ordinata ed incisiva. I nostri avversari, avendo una “rosa” ristretta, non potranno fare molti cambi: appena due. Ecco i giocatori che scendono in campo: Italia; Zoff, Burgnich, Facchetti, Rosato, Guarneri, Salvadore, Domenghini, Mazzola, Anastasi, De Sisti, Riva. Jugoslavia: Pantelic. Fazlagic, Damjanovic, Pavlovic Paunovic. Holcer, Acimovic, Trivic, Musemic, Hosic, Dzajic. Arbitro; Ortiz de Mendebil, spagnolo. Non c’è storia: l’Italia domina, Riva ed Anastasi diventano imprendibili per i giocatori jugoslavi, troppo stanchi perché possano replicare. I due attaccanti azzurri realizzano un goal ciascuno, nel primo tempo. La ripresa è una passerella, con lo stadio “Olimpico” in festa. L’Italia è Campione d’Europa. «Finché Anastasi non ha raddoppiato, facevo, fatica a credere di potercela fare, anche se vedevo che la squadra girava bene» dice a caldo Valcareggi. Il racconto di Dino Zoff: «Quel pareggio con i sovietici ci aprì le porte delle finali, a Roma con la Jugoslavia, che stava attraversando un momento di grande forma, con Dzaijc che si trovava nella fase migliore della sua valida carriera. Valcareggi mi confermò in porta e fu una soddisfazione enorme anche per il modo drammatico, emozionante, con il quale vincemmo allo stadio “Olimpico” il campionato d’Europa. Pareggiammo a fatica la prima partita grazie ad un goal di Domenghini, contro una Jugoslavia che giocò benissimo. La gara venne ripetuta due giorni dopo sullo stesso campo. Ricordo che Valcareggi ebbe l’accortezza di cambiare mezza squadra, puntando sia sulla freschezza di chi due giorni prima aveva riposato, sia sul-la logica voglia di rivincita di chi prima era stato in panchina. Il commissario tecnico jugoslavo, forte della bella prova precedente, confermò più o meno la formazione e la seconda sfida fu per noi un vero trionfo. Una bella partita, vincemmo 2 a 0, con i goals di Riva e di Anastasi. Ricordo che dopo la gara andai a dormire in un albergo, vicino alla stazione Termini. Alcuni tifosi si accorsero che io ero lì, ne chiamarono altri ed io dovetti uscire a più riprese sul balcone a salutare questa piccola folla, che gridava e mi chiamava per nome. Il tutto nel quadro di una Roma che quella notte pareva impazzita, con caroselli di macchine, sventolii di bandiere. Per me fu una grande emozione, certamente era la prima volta nella carriera che mi succedeva di essere invocato ed applaudito da tanta gente». Si fa festa sino al mattino seguente, finalmente la nostra Nazionale vince e convince: la Corea appare, ora, molto più lontana. Valcareggi gode della stima e della fiducia di tutto l’ambiente calcistico nazionale e ci sono tutti i presupposti per disputare, da protagonisti, i prossimi Mondiali messicani. E chissà se qualcuno di loro oppure Facchetti, mentre sollevava la Coppa al cielo, pensò solo per un momento a come sarebbe andata a finire se la monetina fosse caduta dalla parte sbagliata.
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