Tutte le partite ufficiali della stagione |
G. |
Pti |
Vit |
Par |
Sco |
Fat |
Sub |
|
9 |
16 |
4 |
4 |
1 |
12 |
5 |
C |
7 |
15 |
4 |
3 |
0 |
16 |
7 |
F |
0 |
0 |
0 |
0 |
0 |
0 |
0 |
N |
16 |
31 |
8 |
7 |
1 |
28 |
12 |
T |
La Juventus dal 1900 ad oggi |
Gare ufficiali |
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Serie A |
4.579 |
Giocate |
3.088 |
2.508 (54,77%) |
Vittorie |
1.699 (55,02%) |
1.172 (25,60%) |
Pareggi |
836 (27,07%) |
899 (19,63%) |
Sconfitte |
553 (17,91%) |
8.194 |
Fatti |
5.378 |
4.459 |
Subiti |
2.910 |
C. Europee |
|
Era 3 pti (uff.) |
512 |
Giocate |
1.557 |
281 (54,88%) |
Vittorie |
927 (59,54%) |
113 (22,07%) |
Pareggi |
369 (23,70%) |
118 (23,05%) |
Sconfitte |
261 (16,76%) |
871 |
Fatti |
2.737 |
472 |
Subiti |
1.378 |
Tutti i numeri della Juventus |
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Pubblicato il 26.12.2005
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Varglien Mario
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di Bidescu
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I Varglien sono due fratelli che hanno fatto la storia della Juventus, ma non si assomigliavano affatto: Mario era piccolino, veloce, diventò gobbo per le tante rincorse, Giovanni lungo, robusto, molto appariscente; totalizzerà più presenze di Mario. L’unica cosa che li unì, fu l’amore per la Juventus, in quanto non si frequentarono molto, fuori dal campo, conducendo una vita completamente differente. In una intervista, Mario Varglien raccontò della “sua” Juventus, in un giorno di primavera del 1965. “Half” di combattimento, la sua caratteristica era uno scatto che sorprendeva ogni avversario, anche sui campi fangosi, fu una colonna portante della Juventus, anche più del fratello che era peraltro maggiormente eclettico e cinico. Mario narrava la Juventus dei cinque scudetti in modo appassionato: «Combi in porta, Rosetta non marca nessuno, io penso all’ala destra, Bertolini all’ala sinistra, Monti marca il centravanti. Se l’avversario che dobbiamo affrontare ha classe, allora la marcatura è seria, altrimenti si gioca come sappiamo noi, ignorando l’avversario. Quando dovevamo giocare contro Sindelar, il compito di marcarlo era mio, perché Monti non lo pigliava mai e si imbufaliva. Anche Braine e Meazza ci facevano soffrire. Le nostre bestie nere erano la Roma e la Lazio. Io davo del lei anche a Bigatto. Faotto, terzino del Palermo, voleva acciaccare Orsi. Orsi, muovendo il piedino fantastico che aveva, lo azzoppò. Quando si vinceva lo scudetto c’erano serate d’onore al Carignano. Orsi era il più pagato, prendeva mille pesos, cioè 700 lire al mese più una villa ed un’automobile. Quando il pesos andò giù, la Juventus gli corrispose sempre la stessa cifra». Di sé raccontava: «Non so che significa classe. Io ho imparato dai campioni dello Spartak che venivano a giocare a Fiume, come Kada, Janda, Kelacef. Mi spaccavo gli occhi per capire come stavano in campo. Ho giocato tante volte centromediano nella conquista dei miei cinque scudetti». Diceva: «Dopo ogni allenamento Rosetta andava ad asciugarsi e si curava le scarpe come cose sacre. Monti era sempre troppo serio e andava d’accordo solo con Bertolini. Combi nelle sue uscite dai pali ci terrorizzava. Una volta il suo pugno riuscì a beccare anche me. Rimasi svenuto cinque minuti. Rosetta si portava nella valigia in trasferta per scaramanzia il vestito nero, quello col quale si era sposato. Era un grandissimo giocatore, però nella partita facile si sfaticava. Come terzino faceva in un tempo solo quello che gli altri facevano in due o tre tempi. Passava al volo di prima tutti i palloni. Non ne colpì mai uno di testa. Orsi era simpatico, suonava il violino, mi chiamava spesso al telefono e mi diceva: “ascolta questo tanghito !!!” Cesarini era una testa pazza, ci faceva ammattire tutti». Ambedue fecero gli allenatori, il primo con risultati più felici. Erano due fratelli, anche se soltanto le vie del calcio riuscivano a unirli e l’unico amore condiviso, così diversi l’uno dall’altro, fu la Juventus.
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