Tutte le partite ufficiali della stagione |
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N |
16 |
31 |
8 |
7 |
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28 |
12 |
T |
La Juventus dal 1900 ad oggi |
Gare ufficiali |
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Serie A |
4.579 |
Giocate |
3.088 |
2.508 (54,77%) |
Vittorie |
1.699 (55,02%) |
1.172 (25,60%) |
Pareggi |
836 (27,07%) |
899 (19,63%) |
Sconfitte |
553 (17,91%) |
8.194 |
Fatti |
5.378 |
4.459 |
Subiti |
2.910 |
C. Europee |
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Era 3 pti (uff.) |
512 |
Giocate |
1.557 |
281 (54,88%) |
Vittorie |
927 (59,54%) |
113 (22,07%) |
Pareggi |
369 (23,70%) |
118 (23,05%) |
Sconfitte |
261 (16,76%) |
871 |
Fatti |
2.737 |
472 |
Subiti |
1.378 |
Tutti i numeri della Juventus |
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Pubblicato il 02.03.2005
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Lo scudetto di Gigi Riva
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di Bidescu
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Campionato 1968-69: la Fiorentina ha appena conquistato il suo secondo ed ultimo scudetto, con una squadra plasmata attingendo dal “vivaio” e sotto la guida di un allenatore carismatico come Pesaola che, secondo le male lingue, è più bravo al tavolo da poker che sul campo di allenamento. In quel campionato, però, si è messa in gran luce una squadra rivelazione, subito definita da Gianni Brera come la nuova grande del calcio italiano: il Cagliari. L’undici isolano aveva sfiorato la serie A, a metà degli anni cinquanta, quando aveva perso lo spareggio-promozione con la Pro Patria, poi all’inizio degli anni sessanta, dopo aver nuovamente mancato di un soffio la promozione (4° nel 1958-59), era retrocessa addirittura in serie C, approdando in quattro anni alla massima serie, meritando la qualifica di squadra rivelazione. Quella squadra, allenata da “Sandokan” Silvestri, schiera alcuni giocatori che sarebbero poi entrati nella storia del Cagliari e del calcio italiano: Nenè, Martiradonna, Cera, Greatti ed un giovanissimo attaccante dal coraggio leonino e dal sinistro atomico: Luigi Riva, detto Gigi. La stella è, però, un interno calabrese, Francesco Rizzo, che approda addirittura alla Nazionale di Fabbri ed entra nelle lista dei “ventidue” per i mondiali inglesi del 1966, quelli della “Corea”. Era quello un calcio di allenatori-stregoni, fra il profeta (Helenio Herrera e Pesaola) e l’asceta (Heriberto Herrera), fra il fattucchiere (Pugliese) ed il personaggio della commedia dell’arte (“Paron” Rocco). Silvestri, l’allenatore-miracolo, è presto chiamato al Milan, dove fallirà clamorosamente; al suo posto arriva un allenatore un po’ strano, eccentrico, Manlio Scopigno. É definito il “filosofo”, per la sua raffinata cultura, per l’apparente disincanto con il quale osserva il calcio e per l’arte di sdrammatizzare gli eventi. Calciatore mediocre e sfortunato al Napoli, dove chiuse presto la carriera per un grave infortunio, ha come unica credenziale l’aver portato il Vicenza al sesto posto, risultato migliorato solo ai tempi di Paolo Rossi. Per Scopigno non conta molto la rigida osservanza del ritiro e della castità, il maniacale controllo delle diete e dei carichi di lavoro, la puntualità nell’andare a letto alle nove. Pierluigi Cera raccontò: «Scopigno era arrivato da poco: eravamo in ritiro per una partita di Coppa Italia ed in sette od otto, in barba alle regole, ci eravamo dati appuntamento in una camera, per giocare a poker. Fumavamo tutti e giocavamo a carte sui letti; c’era anche qualche bottiglia, che non ci doveva essere. Ad un tratto si apre la porta: era Scopigno. Oddio, penso, ora, se ci va bene, ci leva la pelle e ci fa appioppare una multa (Silvestri lo avrebbe fatto)!!! Scopigno entrò, nel fumo e nel silenzio di chi si aspetta la bufera, prese una sedia, si sedette e disse tirando fuori un pacchetto di sigarette: “Do fastidio se fumo ???” In mezzora eravamo tutti a letto ed il giorno dopo vincemmo 3 a 0». Scopigno, però, è anche un grande tecnico e comincia a costruire la squadra. Il punto di forza è indubbiamente l’attacco e, in una delle convocazioni della Nazionale, il Cagliari fornisce addirittura tre punte: Rizzo, Boninsegna e Riva. Il gioco di Scopigno esalta proprio le caratteristiche di Riva che al suo primo anno, col tecnico reatino, vince la classifica cannonieri ed i rossoblu si piazzano al sesto posto, a ridosso delle grandi. Ma il rapporto fra l’allenatore e la dirigenza è difficile, in particolare con il presidente Rocca, con il quale il dissidio si acuisce, anche per motivi extracalcistici mai chiariti. Durante una tournée negli Stati Uniti, fra i due si arriva alla rottura. Al ritorno il Presidente Rocca telefona a Scopigno per comunicargli l’esonero. Il “filosofo” gli risponde: «Presidente, faccia presto, ho la minestra in tavola e non vorrei che si raffreddasse». Al posto di Scopigno, arriva Ettore Puricelli; la squadra ne soffre ed in campionato stenta parecchio. Riva rimpiange pubblicamente Scopigno, che segue spesso la squadra, sapendo che una cordata guidata dall’Ing. Marras sta cercando di prendere il controllo societario e riportarlo in panchina. Alla fine la società cambia proprietà, presidente diventa l’Avv. Efisio Corrias, e Scopigno può tornare in panchina e continuare il suo paziente lavoro di assemblaggio della squadra. Proprio in quella estate del 1968, il General Manager Arrica mette a segno il primo grande colpo di mercato: Rizzo finisce alla Fiorentina, in cambio di Albertosi e Brugnera, dal Brescia arriva Tomasini, dal Milan il giovane Zignoli. Il Cagliari parte fortissimo e, trascinato dai goals di Riva e Boninsegna, va in fuga ed è “campione d’inverno” fra il tripudio dell’intera isola. Quel campionato, però, passerà tristemente alla storia per una tragedia assurda: negli spogliatoi dello stadio “Amsicora” di Cagliari, in un freddo pomeriggio, muore improvvisamente Giuliano Taccola, promettente centravanti della Roma che ha assistito alla partita dalla tribuna. Desta impressione il distacco dell’intero mondo del calcio da questo incredibile e drammatico fatto di cronaca, dalla tragedia umana. Herrera, allenatore dei giallorossi, è forse il più freddo di tutti. Il Cagliari resiste in testa fino alla sesta giornata di ritorno poi cede, complice una sfortunata gara interna con la Juventus, nella quale viene a mancare Riva; la Fiorentina diventa Campione d’Italia con quattro punti di vantaggio sui rossoblu, che hanno messo in mostra un attacco atomico, nel quale Riva è capocannoniere per la seconda volta. Scopigno, però, intuisce che il principale difetto della sua squadra è proprio in quello che sembra il suo punto di forza: il duo d’attacco. Riva e Boninsegna hanno due caratteri difficili, sono molto simili e sono due uomini-goal egoisti come devono esserlo due bomber di razza; difficilmente si passano la palla, spesso litigano platealmente in campo. L’Inter insegue Riva da tempo, Moratti, a suo tempo, ne aveva già disposto l’acquisto su consiglio di Allodi, ma l’affare era andato in fumo per la “bocciatura” di Herrera, che voleva il bolognese Pascutti. Il nuovo presidente Fraizzoli torna alla carica e, in quell’estate del 1969, Scopigno convince Arrica a fare il colpaccio. Non viene, però, ceduto Riva, bensì Boninsegna; in cambio arrivano dall’Inter Poli, Gori e Domenghini; gli ultimi due faranno sì che Scopigno compia la costruzione del “suo” Cagliari. Riva ha carta bianca su tutto, dall’allenatore e dai compagni, si allena quando vuole, si alza e va a letto quando vuole. La difesa è un bunker: Albertosi in porta, marcatori Niccolai e Martiradonna, quest’ultimo è forse il più spietato marcatore di quegli anni; Scopigno una volta gli dice: «Con un cognome così non giocherai mai in Nazionale. Se ti chiamassi Martin saresti titolare fisso». Libero è l’essenziale Tomasini che sa essere anche duro, terzino “fluidificante” Zignoli, bravo e veloce ed in alternativa a lui, in cambio del collaudato Longoni, dalla Fiorentina arriva Eraldo Mancin titolare dello scudetto viola. A centrocampo Cera, Nenè ed il regista, che Gianni Brera considera “il migliore d’Italia”, Ricciotti Greatti, cui da man forte il gran correre di Angelo Domenghini. All’attacco c’è Riva con la sua spalla ideale, Sergio “Bobo” Gori, che gioca per lui. La Juventus, però, vuole acquistare Greatti a tutti i costi, il Cagliari tentenna, l’offerta è di quelle che non si rifiutano facilmente. Scopigno è d’accordo con la cessione perché spera nell’arrivo al Cagliari di Luis Suarez, il regista della grande Inter, ma la trattativa salta e Greatti resta in Sardegna. Scopigno, nonostante questo mancato affare, annuncia: «Per la lotta al vertice c’è anche il Cagliari». Fra le tante componenti di quella decisiva estate c’è anche la scaramanzia. Il Cagliari, l’anno precedente, aveva perso il contatto con la Fiorentina e quindi lo scudetto, a causa della sconfitta subita all’”Amsicora” da parte della Juventus. Quel giorno i rossoblu indossarono la loro maglia ufficiale “a quarti” rossi e blu come quella del Genoa. Scopigno, che ha vissuto a Napoli, considerò quella sconfitta come un segno del destino ed impose che il Cagliari, da allora in poi, vestisse sempre la maglia di riserva, bianca con i bordi rossoblu, senza colletto e con i passanti e la cordicella sullo scollo, che resterà nel mito. Dopo un pareggio a Genova, l’accelerazione è bruciante: alla quinta giornata il Cagliari espugna Firenze con un goal di Riva su rigore e conquista la testa della classifica. Il punto di forza della squadra isolana è la difesa, che subisce solo sei goals in quindici partite: i rossoblu si laureano per il secondo anno consecutivo “campioni d’inverno” con 22 punti, tre in più di Inter, Fiorentina e della Juventus che ha cominciato una grande rimonta proprio il giorno in cui, in piena zona retrocessione, ha pareggiato all’ultimo minuto all’”Amsicora” con il goal di un giovane e sconosciuto sardo: Antonello Cuccureddu. Alla prima giornata del girone di ritorno, il Cagliari batte la Sampdoria per 4 a 0, ma perde, dopo mezzora di gioco, uno dei perni del suo gioco difensivo: Tomasini. L’infortunio è grave, il responso è di quelli che non lasciano scampo ad interpretazioni: campionato finito. Purtroppo, non è possibile “tornare sul mercato” e fra le riserve non figura nessun difensore di ruolo di affidabilità paragonabile all’infortunato. Scopigno, la domenica successiva, a Vicenza, inserisce Cera come “libero” ed affida la maglia di Tomasini a Poli. Manca in quella difficile partita anche Greatti ed il Lanerossi Vicenza è una squadra insidiosa che naviga a ridosso delle prime. La partita è durissima, giocata in un ambiente difficile, ma il Cagliari vince con una doppietta di Riva; la seconda rete viene definita “un goal impossibile”. È la svolta decisiva; l’invenzione di Cera come “libero moderno” da soluzione di emergenza diventa uno dei punti-cardine del Cagliari che naviga a gonfie vele in testa al campionato, spinto dai goals di “Gigirriva”. Tutta la Sardegna è in estasi; viene fondato il primo “Cagliari-Club” ad opera del capo storico del tifo rossoblu “Marius”, grande amico e confidente di Riva. Altri club nascono in tutta l’isola e nelle principali città d’Italia ad opera di emigrati sardi, che si identificano con le loro “radici”. Una famosa puntata di “TG7”, il rotocalco di costume della Rai in quegli anni, mostra i pastori sardi che la domenica escono con la radiolina all’orecchio; il mito dei rossoblu arriva negli angoli più lontani del territorio, nel cuore della Barbagia. Quel Natale, Gianni Brera, grande sostenitore del Cagliari e di Gigi Riva, riceve una curiosa cartolina di auguri; arriva nientemeno che da Graziano Mesina, il superlatitante, che lo ringrazia per il sostegno al Cagliari. Alcuni latitanti di minor spessore vengono arrestati dopo una partita casalinga del Cagliari, al cui richiamo non hanno saputo resistere e nasce il mito di “Grazianeddu” che la domenica lascia le montagne del nuorese e si reca all’”Amsicora” per tifare “Gigirriva”. Fino alla 20ma giornata la squadra di Scopigno ha perso solo una partita, alla “Favorita” di Palermo, condannata da un goal di Troja e da una grande partita di un giovane promettente, che farà molta strada: Franco Causio. In quella partita Scopigno viene bersagliato di sputi da un tifoso rosanero e reagisce litigando con un segnalinee; la squalifica è pesante: cinque mesi e mezzo, poi ridotta. Ma a parte questo incidente di percorso il Cagliari sembra imbattibile; nella scia restano l’Inter e la Juventus che, proprio dalla partita di Cagliari e dopo la sostituzione dell’allenatore Carniglia con Rabitti, ha cominciato una rimonta eccezionale: otto vittorie di fila portano i bianconeri in scia al Cagliari. Alla 21ma c’è la partita con l’Inter a “San Siro”; i nerazzurri si giocano le residue possibilità di scudetto, ed alla sfida guardano con interesse sia la Juventus che la Fiorentina, che sogna un improbabile ritorno nella lotta per il titolo. La gara è presentata come una sfida fra Boninsegna e Riva; il Cagliari la affronta al gran completo con la formazione ormai collaudata dove Nenè prende il ruolo che era di Cera a centrocampo ed al suo posto gioca l’ex-viola Mario Brugnera. La gara è dura, le cronache del tempo la disegnano preceduta da una settimana di polemiche e viene decisa proprio da Boninsegna con una rete nei minuti finali: 1 a 0 per l’Inter. È il momento forse più difficile per i rossoblu, considerato anche il fatto che, presto, dovrà rendere visita alla Juventus a Torino ed il distacco adesso è ridotto al minimo: un solo punto. Scopigno è magistrale nello spegnere il fuoco delle polemiche, rincuora i suoi giocatori ed in televisione esce con questa frase «La Juventus è ad un punto ??? Bene, con un punto in più , se il regolamento non cambia, lo scudetto lo vincerà il Cagliari». Quella partita, che venne presentata come lo scontro fra due epoche, la rivoluzione del Cagliari contro la restaurazione juventina, fu forse un autentico “cambiamento di rotta” nella storia delle sfide-scudetto, che fin lì non avevano mai visto protagoniste squadre del Sud e delle isole. Il “Comunale” di Torino presenta un colpo d’occhio incredibile: lo stadio trabocca di bandiere rossoblu; da tutto il Nord Italia, dalla Svizzera, dalla Germania, dalla Francia, centinaia di emigrati sono venuti a sostenere il Cagliari, assieme ai tanti sostenitori arrivati dalla Sardegna. Si parla di 70.000 presenze in totale, per l’incasso record, per quei tempi incredibile, di più di 150 milioni di lire (era la stessa cifra messa in palio dalla lotteria di Capodanno, dell’epoca). Arbitra Lo Bello di Siracusa, il “re del fischietto”, e ci sarà modo di accorgersene A Torino piove a dirotto, nella Juventus, assente l’arcigno Morini, tocca a Salvadore l’onere di contrastare un Riva nervoso e contratto. La partita scivola via senza grandi sussulti quando, intorno alla mezzora, Furino scende sulla destra e crossa verso il centro. La palla fila tesa verso Albertosi, lontano dagli attaccanti bianconeri, quando, improvvisamente e senza un motivo apparente, la testa di Niccolai colpisce il pallone anticipando il proprio portiere ed insaccando un clamoroso autogoal. Albertosi resta di sasso il busto e le ginocchia leggermente piegate, le braccia larghe, Domenghini ha le mani nei capelli. La leggenda vuole che Scopigno, con l’ennesima sigaretta accesa in bocca, fra la disperazione generale della sua panchina, esclami solo: «Bel goal !!!» Il Cagliari ha una reazione orgogliosa: Riva trascina i suoi all’assalto e bombarda la porta di Anzolin, che capitola nel recupero quando, sugli sviluppi di un calcio d’angolo, proprio Riva segna il goal del pareggio, favorito da una mancata uscita dello stesso portiere bianconero. Il tifo rossoblu esplode mentre le squadre rientrano negli spogliatoi, con il Cagliari tonificato dall’ennesima prodezza di “Gigirriva” e gli juventini, Salvadore in testa, che non si danno pace per l’ingenuità di Anzolin. Incomincia la ripresa: ha smesso di piovere, ma il terreno è ancora bagnato, insidioso, la Juventus sente che la possibilità di vincere lo scudetto sta per sfuggirle di mano, in quello stadio mezzo rossoblu, e cerca di attaccare. Il Cagliari è molto equilibrato, concentratissimo e non si lascia chiudere in difesa, ma durante un’azione interlocutoria dei bianconeri in attacco Lo Bello fischia un rigore per la Juventus per fallo di Martiradonna su Leonardi, od addirittura “mani” dello stesso Martiradonna. In tribuna stampa le voci si rincorrono, Scopigno, invece, è impassibile: siede in silenzio e si accende l’ennesima sigaretta. Sul dischetto, dopo le inevitabili, inutili e prolungate proteste, si porta Haller. Il tedesco prende la rincorsa in un silenzio innaturale e si fa deviare il tiro da Albertosi in angolo. La panchina del Cagliari scatta in piedi, i compagni abbracciano Albertosi, i tifosi cagliaritani festeggiano, ma Lo Bello ordina che il tiro venga ripetuto. Succede di tutto. Riva viene portato via a forza dai compagni, Albertosi piange disperato, le proteste si sprecano, il capitano Cera fatica a tenere i compagni lontani dall’arbitro Lo Bello che cerca di spiegare come Albertosi si sia mosso in anticipo. “Bob” Vieri, poco juventino come animo (andrà via dalla Juventus, la stagione successiva), e toscano come il portiere del Cagliari, lo consola: «”Ricky”, non ti preoccupare, quelli lo sbagliano un’altra volta». Invece no: sul dischetto non torna Haller, ma Anastasi che batte imparabilmente Albertosi. Adesso festeggia la metà bianconera dello stadio. Riva è furibondo e l’intero Cagliari rischia di perdere la testa. Il gioco diventa duro, specialmente su Leonardi, accusato di aver simulato nell’azione del rigore; Riva insegue Lo Bello e gliene dice di tutti i colori, ottenendo sempre la solita risposta: «Pensi a giocare, pensi a correre !!! ». Il gioco è sempre più frammentato, ci prova Riva su punizione, sventata in angolo da Anzolin, poi è un continuo accendersi di mischie sul campo bagnato. Su una di queste Lo Bello assegna l’ennesima punizione al Cagliari che si riversa in area; la parabola di Nenè cerca Riva. L’arbitro fischia, rigore anche per il Cagliari. Gianni Brera racconta nella sua magistrale cronaca di aver gridato «Rigore» ancora prima del fischio dell’arbitro, non per aver visto un fallo, ma per la certezza che Lo Bello avrebbe saputo (seppure a modo suo) ristabilire l’equità dell’arbitraggio. Salvadore si avventa all’arbitro giurando che lui e gli altri due juventini non hanno toccato Riva, Lo Bello risponde che ha fischiato «una trattenuta su Martiradonna». Sul dischetto va Riva, teso come una corda di violino, e tira malissimo; Anzolin sfiora la “parata-scudetto”, ma il pallone gli passa sotto la mano e gonfia lento la rete. Manca poco alla fine, la Juventus è furente e cerca di vincere, sentendosi defraudata. Il Cagliari non esce più dalla sua trequarti, ma arriva la fine della partita senza che niente cambi: il Cagliari è ancora in testa, con due punti sulla Juventus, che diventano quattro la domenica successiva, quando i bianconeri cadono a Firenze, ormai sfiduciati. É il 12 aprile 1970, il Cagliari ospita il Bari invischiato nella lotta per la salvezza, la Juventus, a tre punti, va a Roma con la Lazio; per continuare a sperare deve solo vincere. Riva sblocca la partita con un’acrobazia dopo più di mezzora in cui il Cagliari è contratto, nervoso: il goal di Gigi è una liberazione, nessuno infatti sa niente del risultato della Juventus all’Olimpico. Arriva l’intervallo e tutto lo stadio ”Amsicora” attende notizie dalla radiolina, “Tutto il Calcio minuto per minuto” porta la notizia ed un boato l’annuncia che la Juventus sta perdendo. Dopo un quarto d’ora del secondo tempo un altro boato segnala il raddoppio di Chinaglia: la Juventus è sotto di due goals !!! Quando per il Cagliari raddoppia Gori, la festa in tutta la Sardegna può cominciare ed è una festa che da allora si può dire non è più finita, tanto è ancora vivo in tutti il ricordo di quell’irripetibile impresa. L’isola impazzisce, l’entusiasmo è travolgente, le ultime due partite del Cagliari vengono disputate in un autentico tripudio di bandiere rossoblu: è la meritata passerella per i Campioni d’Italia che, come prima uscita da vincitori, pareggiano col Milan per 0 a 0 a “San Siro”. L’ultima domenica la passerella diventa un trionfo, al “Comunale” di Torino, ospite dei granata, il Cagliari da spettacolo con un Riva entusiasmante: il primo tempo finisce 3 a 0 (doppietta di Gigi), in apertura di ripresa Gori segna il quarto goal ed i rossoblu escono dal campo fra gli applausi convinti dei tifosi granata. Il Presidente Corrias ed il factotum Arrica garantiscono che la squadra non verrà indebolita e tolgono tutta la squadra dal mercato; è un sacrificio economico grandissimo, ma è anche un momento unico ed irripetibile. Il Cagliari sull’onda dello scudetto avrà anche uno nuovo stadio: il “Sant’Elia”, un palcoscenico degno per Gigi Riva e compagni; sarà abbandonato il vecchio “Amsicora” che qualcuno definì “un cortile di caserma”, nell’anno dell’esordio in A del Cagliari. I festeggiamenti sono comunque molto contenuti: l’anima sarda, l’attaccamento alla realtà tipica di quella gente, scongiura spiacevoli esagerazioni: i soliti caroselli di auto, l’intera isola imbandierata, ma tutto finisce presto, come quello strano campionato che si chiude entro aprile, per l’unica volta nella sua storia: ci sono i Mondiali e molti giocatori cagliaritani volano in Messico. Al ritorno in Italia, il Cagliari si prepara a difendere lo scudetto ed a giocare la sua prima Coppa dei Campioni, inaugurando il nuovo Stadio “Sant’Elia”. Riva, che ha giocato un Mondiale sotto tono (qualcuno dice anche perché ha sofferto Boninsegna, altri per scarsa assuefazione a giocare in altura, altri ancora perché “distratto” da un amore contrastato per una signora subito ribattezzata “dama bianca”, come per Coppi), è nel punto più alto della sua strepitosa carriera. Segna a raffica in campionato, in Coppa Campioni fa due goals strepitosi al Saint Etienne e poi trascina i rossoblu alla vittoria con l’Atletico Madrid; raggiunge l’apice della sua parabola sportiva quando il Cagliari batte l’Inter a "San Siro" con uno splendido 3 a 1 con due suoi goals e la squadra isolana, sola in testa, sembra irresistibilmente lanciata alla conquista di un altro scudetto. La settimana successiva Riva gioca con la Nazionale, al “Prater” di Vienna, in una gara di qualificazione alla Coppa Europa contro l’Austria ed un difensore, Norbert Hof, con un intervento da dietro gli frattura tibia e perone. Il Cagliari ovviamente accusa il colpo, perde quota in campionato e l’Atletico Madrid lo elimina dalla Coppa Campioni. I rossoblu vanno in crisi e piano piano scivolano fra le comprimarie, Riva, ancora convalescente, viene mandato in campo contro la Juventus, dopo un assenza di sedici giornate: fa solo presenza simbolica, praticamente non può scattare, ma, per applaudirne il ritorno, accorrono in 70.000 al “Sant’Elia”. Il Cagliari arriva settimo a ben sedici punti dall’Inter campione. L’ultimo grande Cagliari sarà quello dell’anno successivo; nel campionato 1971-72 la squadra isolana torna a lottare, per l’ultima volta nella sua storia, per lo scudetto e resta, almeno aritmeticamente, in corsa fino all’ultima giornata. Per una sorta di curioso destino perde la sfida scudetto proprio a Torino ed ancora contro la Juventus, alla terzultima giornata per 2 a 1, e quel quarto posto finale (dietro a Juventus, Milan e Torino) è il suo “canto del cigno”. Quattro anni dopo il Cagliari retrocederà nel suo anno più triste, quello nel quale Gigi Riva si infortuna gravemente chiudendo la sua straordinaria carriera.
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