Non ricevevo tante mail da parte di amici lettori di questo sito dalla estate 2006, estate drammatica per i nostri colori, come sapete bene. Intanto ringrazio tutti per avere dedicato del tempo per scrivermi, li ringrazio per attestati di stima ed inviti a continuare a scrivere su questo sito che negli anni è diventato una grande famiglia, con la straordinaria opera meritoria dei gestori e di tutti gli amici che lo alimentano con i loro interventi e i loro sondaggi. Su Juworld.net cominciai a scrivere circa venti anni addietro, per passione, per divertimento, al punto che era diventata per me quasi ossessione di scrivere i commenti delle partite della Juventus: redigevo le pagelle alle partite dei bianconeri e qualche commento tecnico, naturalmente da profano, da tifoso. La prima tempesta si scatenò quando il dibattito tra noi tifosi juventini verteva su Ibrahimovic – Del Piero, su Capello si – Capello no, sulle critiche ad un modulo di gioco che ci vedeva eliminanti dall’Arsenal, dopo una rocambolesca qualificazione agli ottavi contro il Werder Brema, parlavamo di futuro mercato, di chi non era gradito e doveva fare le valigie e argomenti del genere: così tu talmente inaspettata quanto devastante la bomba che sarebbe scoppiata nel maggio, a ridosso della conquista del ventinovesimo scudetto. Ricordo lo smarrimento di tantissimi juventini, non si riusciva a formarsi un convincimento, anche a causa di un bombardamento mediatico a senso unico che non dava scampo alcuno, ricordo la marcia del 1 luglio a Torino, con 40 gradi, gente che si chiedeva se si stesse vivendo un incubo o fosse tutto reale. Su farsopoli, fui la prima e isolata voce fuori dal coro in quella valanga di m**da che i media ci propinavano, fu quello il momento nel quale molti amici bianconeri mi scrivevano per cercare da me il conforto alle loro paure, per stimolarmi anche a dare voce a chi invece in quel momento voce non aveva; mi arrivarono pure mail "invitanti" a non scrivere troppo contro gli assassini della Juventus nel 2006, qualcuna con terminologia non proprio amichevole. Mentalmente rifiutai la Juventus in B, a lungo non la seguii in quel campionato impostoci dopo che cinque nostri giocatori avevano portato la Nazionale in capo al mondo, ai mondiali di Germania; poi ho ripreso nuovamente a scrivere per amore dei colori bianconeri, nonostante Cobolli Gigli e soci, sperando anzi che potessero smentirmi, sperimentando invece che confermavano puntualmente tutti i miei dubbi e le mie accuse iniziali: rivendico ancora di avere soprannominato il liquidatore di aziende, designato alla presidenza, quale Badoglio, in molti mi ricordano ancora l’articolo che scrissi qui, dal titolo “L’8 settembre juventino”. Poi il ritorno della vera Juventus, ed il ritorno graduale dell'infame "sentimento popolare diffuso": non mi dilungo più di tanto, la storia di questi anni è stata di vittorie condite da veleni sparsi, dalla indagine sul presunto acciaio scadente dello Stadium (che ancora tiene e benissimo), alla vicenda calcioscommesse, dove cercarono di coinvolgerci indirettamente, colpendo Conte e provando pure a colpire Bonucci e Pepe, per vicende quando avevano altre maglie, alle puntuali sanzioni alla nostra curva con l’immunità per chi veniva a distruggere il nostro settore ospiti, la vicenda Alto Piemonte, nella quale si è cercato di speculare e di associare il nostro presidente, oggi ex, a fenomeni di criminalità organizzata, il farlocco caso Suarez (grande enfasi all’inizio, tutti prosciolti alla fine), fino a questa vicenda ultima. Ho superato tutto, ma stavolta francamente mi viene molto ma molto difficile.
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Vedete, torno all’inizio, a me piaceva e piace parlare di calcio e di Juventus, non di vicende giudiziarie o scandalistiche, mi piace vincere, soffrire quanto si perde, ma non avere sempre il perenne timore che qualunque sia il nostro risultato, c’è chi pensa solo a fare la caccia ai bianconeri, per accrescere popolarità e cavalcare la tigre. Siamo il club più importante d’Italia, ma anche il più odiato, con una differenza rispetto alle altre: anche in Spagna odiano Real Madrid e Barcellona, anche in Germania odiano il Bayern, ma nessuno si sognerebbe di scatenare guerre di religione contro di loro, qui in Italia si, ennesima tappa di una deriva trentennale, nella quale si tende ad uccidere ogni eccellenza, per esaltare qualsiasi mediocrità. Non è solo questione di calcio, ma di vicenda, quella scatenata dalla inchiesta “Prisma” (ennesima di una procura solerte alla ricerca di pubblicità gratuita, nel silenzio e inerzia di altre), che va ben oltre il calcio, è l’ennesima puntata di una storia che ha visto progressivamente il nostro Paese perdere valore, prestigio, eccellenze ovunque. Pensateci un po’: negli anni ’80 e ’90 il calcio italiano era dominante in Europa, da noi venivano i migliori, la Juventus era sì trainante, seguita dalle altre che per competere si dovevano migliorare per superarci, così avevamo un movimento calcistico che era visto con invidia altrove. Fino a quando, nel 1998, un solerte P.M. ed un perdente mediocre allenatore, scatenarono la prima grande indagine a senso unico, quella che ancora oggi viene chiamata “caso doping”, laddove nessun uso di sostanze dopanti fu mai contestato e accertato, ma bastò a creare una etichetta a noi, e, all’estero, al calcio italiano, che da quel momento in poi cominciò a perdere colpi, ultimi fuochi fino ai mondiali di Germania, poi due coppe vinte in cambio di una svendita del calcio italiano (ho scritto a suo tempo della genesi della vicenda Infront, inizio del depauperamento del valore del nostro calcio). Adesso che il calcio è in grave crisi, si vuole ancora una volta abbattere l’unica società che ricapitalizza due volte, immettendo 700 milioni di liquidità, spesso finita a tasse e operazioni che hanno arricchito altre società (una per tutte, la Fiorentina di Commisso), per vicende che davvero sono assurde: non sto qui a parlarne, ma vi faccio notare solo una circostanza: si indaga su vicende di bilanci per un periodo che ha visto il calcio paralizzato a lungo per la pandemia COVID-19, e poi quasi paralizzato per una stagione intera, visto che l’apertura totale degli stadi è solo della parte finale dello scorso campionato. Basterebbe solo questa considerazione per prendere atto che si sta perseguitando chi, in una situazione di difficoltà oggettive per tutte le società, aveva posto rimedio con la seconda ricapitalizzazione in tre anni. Eppure i media ci sguazzano, dimenticandosi che la tifoseria juventina è la principale consumatrice di prodotti sportivi, insomma sputano nel piatto su cui mangiano.
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Sulla vicenda giudiziale sportiva, il discorso sarebbe lunghissimo, francamente siamo all’ennesima offesa dei principi generali del Diritto che, in quanto tali, valgono pure nella giustizia sportiva: non fatevi ingannare quando vi dicono che la giustizia sportiva ha le sue peculiarità, per quanto semplificata e snella, non può stravolgere principi quali il ne bis in idem o il diritto costituzionale alla difesa. Ne abbiamo parlato ampiamente nell’ultima diretta con l’amico Marco Rubini, per chi se la fosse persa, questo il link: https://www.youtube.com/watch?v=_XdldKRP07E Ci sono stati due articoli fondamentali per capire ancora la vicenda, su Tuttosport, unica testata che sta facendo controinformazione: martedì a firma Piero Calabrò, ex magistrato, oggi Cataldo Intrieri, avvocato e docente universitario, quest’ultimo non accusabile di essere tifoso nostro. Io ho spesso criticato su questo sito, la passività e l’inerzia della proprietà, è a mio giudizio colpa loro se questo crescendo di linciaggi ha raggiunto ancora una volta il culmine in questo periodo. Ma non pensate che comincino ad essere logorati pure loro? Una proprietà che, per quanto leggevo oggi, ha immesso sul mercato italiano, quasi novecento milioni di euro, per acquisto di calciatori, che ha messo soldi veri, invece di emettere bond carta straccia come qualche società cinese, o realizzare vendite di scatole cinesi, per lasciare sempre il controllo allo stesso soggetto: eppure mentre nei magheggi altrui nessuno va a vedere cosa ci stia dietro, a Torino invece si scatena di tutto. Noi siamo tifosi, abbiamo passione e amore per questa squadra, ma cominciamo a ragionare dal punto di vista di un imprenditore che sistematicamente deve vedere attaccato e distrutto il proprio lavoro, vanificata ogni immissione di denaro che fa crescere l’indotto. Ne vale la pena ancora? E’ questa la vera domanda. Torno al ragionamento fatto in precedenza, l’Italia è diventata il Paese che odia e distrugge le eccellenze, non solo nel calcio: provate a ripensare, tornando agli anni ’80, cosa avevamo, le eccellenze industriali, l’avanguardia della Olivetti, il primo polo chimico mondiale, Montedison, il Made in Italy come marchio vincente, la salute di cui godevano aziende come Alitalia, Enel, SIP, il settore auto primo in Europa e così via. Cosa è rimasto di tutto questo? Quasi nulla. Ed allora, vale ancora la pena investire in Italia, anche nel calcio?
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In un contesto del genere, io dovrei continuare a commentare le partite della mia Juventus. Dovrei ad esempio (domenica sera ero allo Stadium), commentare Juventus – Atalanta, partita che è nata falsata in partenza, un conto è giocarla con la classifica reale, un conto è giocarla tagliati fuori dalle piazze utili per l’Europa, magari l’avremmo persa, non lo sappiamo, quello che è certo, non è stata giocata in un contesto normale. Potrei parlare di Marinelli, di tre rigori clamorosi per ottenerne uno, potrei elogiare le prestazioni di tutti, sul piano dell’impegno e della reazione psicologica, ma a che pro? Semmai parlo della valanga di fischi ed insulti al momento dell’inno della Serie A, la cosa più bella della serata, naturalmente occultata, da quanto mi dicono, da DAZN, nella sua vergognosa trasmissione, pre e post partita compresi. A ben vedere proprio quelle domande del pre partita e gli ospiti del dopopartita, uno dei quali preso in giro da Allegri, dimostrano che è sacrosanta la battaglia partita in maniera estemporanea da parte dei tifosi sui social, ma che sta diventando via via una valanga inarrestabile, la disdetta degli abbonamenti alle pay tv. Sembrava una mossa con poche possibilità, più di rabbia che altro, invece è diventata un movimento inarrestabile, comunicati di parecchi coordinamenti di club regionali, compresi i club all’estero: badate, adesso ci sono in giro voci messe a mio giudizio artatamente in giro, che parlano di numeri, il tentativo è quello di far credere che, siccome disdette ce ne sono molte, magari qualcuno comincia a pensare di non procedere ulteriormente alle disdette. Questa invece è una battaglia che va combattuta a tappeto: NESSUN VERO TIFOSO JUVENTINO DEVE DARE SOLDI AL CALCIO ITALIANO. Del resto, se vogliamo finanziare solo la Juventus, i canali ci sono, basta solo saperli cercare e trovare. Non sappiamo se riusciremo a salvare la nostra Juventus, ma con molta probabilità quel calcio che ci vuole cacciare in maniera così violenta, non riuscirà a sopravvivere senza di noi.
E-mail: antonio_larosa{chiocciola}msn.com
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