Tutte le partite ufficiali della stagione |
G. |
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N |
16 |
31 |
8 |
7 |
1 |
28 |
12 |
T |
La Juventus dal 1900 ad oggi |
Gare ufficiali |
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Serie A |
4.579 |
Giocate |
3.088 |
2.508 (54,77%) |
Vittorie |
1.699 (55,02%) |
1.172 (25,60%) |
Pareggi |
836 (27,07%) |
899 (19,63%) |
Sconfitte |
553 (17,91%) |
8.194 |
Fatti |
5.378 |
4.459 |
Subiti |
2.910 |
C. Europee |
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Era 3 pti (uff.) |
512 |
Giocate |
1.557 |
281 (54,88%) |
Vittorie |
927 (59,54%) |
113 (22,07%) |
Pareggi |
369 (23,70%) |
118 (23,05%) |
Sconfitte |
261 (16,76%) |
871 |
Fatti |
2.737 |
472 |
Subiti |
1.378 |
Tutti i numeri della Juventus |
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Pubblicato il 04.12.2020
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Maradona: Cabrini ha proprio ragione!
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di Stefano Bianchi
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Non facciamo per Maradona come la volpe con l’uva nella favola di Esopo: la Juve, nella persona dell’’Avvocato, lo voleva eccome. Un genio bizzarro l’aveva già avuto con Sivori, innamorandosene calcisticamente come tutti noi, anche se le bizzarrie di Omar, rispetto a quelle di Diego, erano birichinate. Quando Maradona era all’Argentinos Juniors, Agnelli aveva inviato il suo plenipotenziario in Argentina per valutare il numero dieci, ma Boniperti lo bocciò; una versione più buonista sostiene che Grondona, presidente dell’AFA, bloccò il trasferimento. Fatto sta che, anche dopo il passaggio al Barcellona, i tentativi bianconeri per tesserare Maradona continuarono. Nel gennaio 1984, la stampa aveva ricostruito un incontro a Barcellona tra l’Avvocato (ma forse era ancora Boniperti) e Maradona che, nel 1987, quando ormai era al Napoli, si sarebbe recato a Torino in un viaggio lampo per incontrare Gianni Agnelli, come sostenne il giornalista radiofonico Roberto Ayala. Ancora: sempre Gianni Agnelli, in vacanza a Capri, quando c’era Avellino – Napoli spesso era al Partenio a godersi Maradona, e più volte ha provato a strapparlo a Ferlaino a suon di miliardi.
Ben prima di Napoli, Maradona incontra la cocaina: "Avevo ventiquattro anni quando ho iniziato ad assumere droghe. Ero al Barcellona ed è stato il più grande errore che ho fatto in vita mia", come confessa a Maurizio Costanzo. Il Barcellona, certamente dopo aver valutato la possibilità di un trattamento, fa una specie di frode in commercio, e lo vende a quel Napoli che non ha nemmeno i soldi per tesserarlo, dovendo ricorrere a fidejussioni e pagandolo “a rate”, cosa che a quel tempo non era certo la prassi, specie se chi acquista non ha finanze tanto floride.
A Napoli, Maradona fa sfracelli: in sette anni porta sotto il Vesuvio due Scudetti, una Coppa Italia, una Supercoppa di Lega e la Coppa UEFA. La squalifica per positività alla cocaina nell’antidoping arriva il controllo positivo in Napoli - Bari del 17 marzo 1991. Il presidente napoletano Ferlaino sostiene che la squalifica gli sia stata inflitta perché eliminò l’Italia dai Mondiali di casa: un bell’esempio di “mirror climbing”, se in inglese esistesse tal espressione. E dire, che era tanto tempo che Moggi, al tempo G.M. del Napoli, voleva darlo via. Ferlaino non volle e Moggi se ne andò. Andò via anche Maradona, ma l’anno dopo, scontata la lunga squalifica. Lo prese il Siviglia, dove, evidentemente contano su un sistema antidoping più benevolo. In Spagna durò un anno, poi giocò due anni nel Newell’s Old Boys e altrettanti nel Boca Juniors. In Argentina, forse, l’antidoping non esiste.
Non occorre essere un grande tossicologo per sapere come la dipendenza da cocaina offra minore disponibilità di protocolli farmacologici efficaci, rispetto per esempio alla dipendenza da eroina: per la cocaina, i farmaci hanno un ruolo ancillare, a coprire la sintomatologia astinenziale, mentre l’intervento psicoterapeutico, e in particolare quello cognitivo - comportamentale, assume un ruolo cardine. Non occorre nemmeno essere un grande sociologo, per comprendere come i “ricchi” abbiano migliori possibilità di cura di quanto non ne abbiano i “normali”. In questo quadro s’inserisce la dichiarazione di Ferlaino che stigmatizza Cabrini, reo di aver detto, in sostanza, che se "Maradona avesse giocato nella Juve sarebbe ancora vivo, l’ambiente lo avrebbe salvato. L’amore di Napoli è stato tanto forte e autentico quanto malato". L’ex presidente vesuviano ribatte signorilmente: "Pessotto a Napoli non avrebbe tentato il suicidio". Nel caso del nostro difensore, però, nessuno era informato del malessere interno che lo divorava, quindi nessuno poteva pensare di doverlo aiutare. Il disagio di Maradona, invece, era noto sia all’interno della squadra che all’esterno: Maradona avrebbe potuto essere aiutato di più, ma ci si limitava a coprirne le “malefatte private” in cambio di una vittoria della squadra e accettando l’amplificazione da cocaina delle già eccelse caratteristiche tecniche. Già: non bisogna infatti dimenticare che la cocaina, oltre che una sostanza stupefacente è anche un potente mezzo di doping. Il Napoli è stato aiutato a vincere da Maradona,, mentre Diego, dal Napoli, ha ricevuto un “aiuto” nell’omertosa copertura di questa dipendenza-doping e nella fornitura di urine “pulite” per passare indenne il test antidoping.
L’aiuto cui si riferiva Cabrini sarebbe invece stato il creargli attorno una rete amicale tale da convincerlo ad accettare la terapia cognitivo - comportamentale, l’unica possibilità per curare la dipendenza da cocaina. La disciplina che l’ambiente bianconero ha sempre imposto ai suoi esponenti, il gruppo- squadra che è sempre stata una delle caratteristiche vincenti dei bianconeri, l’amicizia di colleghi meno accondiscendenti sotto il profilo comportamentale e nel fornirgli campioni urinari ad hoc per l’antidoping, forse lo avrebbe aiutato restare sulla retta via. La Juventus, forse, avrebbe qualche trofeo in più da esibire al Museum, ma soprattutto Diego Maradona avrebbe avuto una vita e una carriera più lunga: certamente non sarebbe morto in una stamberga, come un barbone, in preda a una sindrome depressiva profonda e pieno di psicofarmaci. Sì, sono proprio d’accordo con Cabrini!
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