Finita la stagione, è il momento di tracciare i bilanci, e anche quest’anno parto da quanto avevo detto in sede di presentazione al campionato. Per quanto riguarda le questioni generali, avevo scritto:
“Stanno partendo i massimi campionati, in maniera caotica, con rischio interventi giudiziari pesanti: Parma graziato per la vicenda della gara contro lo Spezia, cavandosene con una sanzione ridicola, dopo avere conquistato la B con un furto con destrezza l’anno precedente; Chievo che giocherà in A solo perché il famigerato Procuratore Federale Pecoraro si è dimenticato (o l’ha fatto apposta?) di sentire Campedelli prima di deferirlo avanti ai giudici federali, rendendo quindi improcedibile il deferimento; Lega serie B che senza averne il potere, modifica il format riducendo a 19 squadre per non procedere ai ripescaggi, e quindi ripartire gli introiti in maniera più favorevole. Andiamo alle squadre: la vicenda societaria del Milan è grottesca quanto paradossale, o forse chiarissima: sparito il famigerato mister Yonghong Li, guardacaso dopo avere investito quasi ottocento milioni, per non pagare una rata di 32 milioni, e permettendo quindi al fondo Elliot di acquisire la proprietà per circa trecento milioni, e di mettere alla presidenza del sodalizio … Paolo Scaroni, uomo di fiducia di Berlusconi, già presidente ENI, designato dallo stesso Berlusconi capo del governo.”
Bene: oggi abbiamo un presidente Federale ed un presidente di Lega, ma nulla è cambiato, anzi forse è peggiorato. Abbiamo assistito a vicende di giustizia sportiva con le quali si sanzionano le curve a seconda della simpatia o antipatia della Procura Federale, supplementi di indagini su cori razzisti che o vengono presentati in ritardo (Inter) o minimizzano gli accaduti (Cagliari); una serie B ancora più allo sbando, con le vicende Palermo e Foggia, la prima con l’assurdità della retrocessione della squadra in C, ma il proscioglimento di Zamparini, che quindi potrà, volendo, tornare a fare disastri nel calcio. Non si parla più di riforma dei campionati, di seconde squadre, di stadi da realizzarsi, di riforma della giustizia sportiva rivelatasi inadeguata e datata. In compenso qualche presidente di società calcistica spara a zero contro la possibile riforma della Champions League, e la ipotesi “Superlega”, che invero, considerata la situazione generale del calcio italiano, mi sembra l’unica via percorribile.
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Andiamo alle vicende da campo, che comunque riescono ad andare ben oltre quanto meriterebbe il contesto nostrano, intendendosi per contesto tutto ciò che gira attorno al calcio, ossia media, quotidiani, tifoserie. Sempre in sede di presentazione, scrivevo, a proposito della nostra Juventus:
“ … il vero rischio è più interno che esterno, che una squadra fortissima, già vincente in Italia e altamente competitiva in Europa, possa cadere nella presunzione di ritenersi troppo superiore ed imbattibile, con il rischio di sottovalutare le avversarie, specie le medio piccole. Dico questo perché, nella nostra storia, quella che ritengo la Juventus più forte di sempre, stagione 1982 – 83, sei campioni del mondo, Bettega, Boniek e Platini, e con Brio e Furino a completare l’organico, proprio per sentirsi eccessivamente sicura, perse in campionato troppi punti con le medio piccole, consentendo la fuga della Roma, e, quando poteva essere nuovamente avvicinata, complicarsi tutto in quel famoso quanto sciagurato derby dei tre gol subiti in sei minuti, che di fatto ci tagliò fuori da ogni speranza scudetto. Potevamo però stravincere in Europa, dove il cammino fu trionfale, escluso l’ultimo atto, quando forse la convinzione di essere molto più forti degli avversari, ci espose ad una delusione forse la più cocente della storia europea dei bianconeri.”
Diciamo che sul punto, a posteriori, sono stato facile profeta. A scanso di equivoci, non appartengo al partito che ritiene fallimentare la stagione, quando si vince uno scudetto, una stagione non può essere mai fallimentare; ma l’eliminazione dalla Coppa Italia, e soprattutto l’eliminazione ai quarti di Champions League, gettano sicuramente delle ombre sulla stagione. Non è accaduto quanto avvenne nella stagione 1982 – 83, in campionato la Juventus ha subito messo le cose in chiaro, girone d’andata concluso a 53 punti, dei 57 disponibili, scudetto virtualmente conquistato già a marzo, con la vittoria al San Paolo. Forse troppo presto. Dopo c’è stato un vistoso calo in campionato, come dimostrano i soli 37 punti conquistati nel girone di ritorno, eliminazione in CL, finale praticamente in infradito. Che cosa è mancato? A mio modo di vedere, la presenza di Ronaldo ha un pochino deresponsabilizzato il gruppo, come dire, il sapere che comunque qualcuno avrebbe in qualsiasi momento potuto risolvere la partita, ha magari inconsciamente fatto rilassare più del dovuto il gruppo; ma, al contempo, che la Juventus non abbia saputo sfruttare appieno il notevole potenziale derivante dall’avere CR7 in organico, come dire, non è stato trovato un sistema di gioco che davvero lo esaltasse, ne sfruttasse le doti di scatto e progressione in campo aperto: insomma azioni come quella del gol da cineteca realizzato contro il Manchester Utd, non è che se ne siano viste moltissime. Presumo che sia stata questa la vera molla che ha fatto optare la società per la chiusura del rapporto con Allegri. Lasciamole stare le fregnacce su bel gioco, sulle qualità del nostro ormai ex allenatore, che, piaccia o noi piaccia ai detrattori, oggi è sicuramente da considerare tra i migliori al mondo: il discorso è altro, ogni allenatore ha una sua filosofia di gioco, una capacità di sfruttare determinate caratteristiche tecniche dell’organico. Allegri ha saputo adattarsi con i giocatori che aveva, ma fateci caso, pur avendo avuto fior di campioni da allenare, non aveva mai avuto un top dei top come Cristiano Ronaldo. La sua prima Juventus non aveva una stella vera e propria, ma diversi giocatori di prima fascia, una linea difensiva che era nel meglio dei suoi anni, Pirlo a fine carriera ma ancora integro, Pogba, Tevez; forse la vera Juve di Allegri è stata quella dell’anno successivo, praticamente un 4 – 3 – 1 – 2, con Pogba adattato a trequartista, e coppia offensiva Dybala – Mandzukic o Morata, ma anche in questo caso presenza di giocatori di primo livello o da valorizzare, ma non una vera e propria superstar. Il resto è storia recente, dal 4 – 2 – 3 – 1, della stagione successiva, per esaltare tutti i giocatori offensivi, al 4 – 3 – 3 dello scorso anno, e due eliminazioni in Champions che bruciano ancora per come maturate. Quest’anno purtroppo il non avere trovato la formula adeguata, è ciò che ha portato alla eliminazione con l’Ajax, squadra si forte, ma a mio giudizio troppo esaltata, più del suo stesso valore, ma direi che tutto il cammino europeo è stato lacunoso, o meglio lo è stato a partire da un determinato momento, gli ultimi minuti della partita contro il Manchester Utd, una vittoria anche troppo stretta come punteggio, divenuta sconfitta inopinata, e la messa in crisi di certezze dell’organico. Dopo vittoria sofferta contro il Valencia, e sconfitta nell’ultima gara, che poteva anche costarci la vetta del girone; quindi una gara di andata mortificante al Wanda Metropolitano, riscattata al ritorno, unico momento brillante di un cammino molto deludente. Da ciò occorre ripartire, con il nuovo tecnico, non ancora annunciato, che penso (o almeno mi auguro) sia stato già individuato e posto sotto contratto, sarebbe davvero un errore imperdonabile avere chiuso con Allegri prima ancora di avere già il nuovo tecnico per le prossime stagioni
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Andando al rendimento dei singoli, indubbiamente Cristiano Ronaldo ha mantenuto fede alla propria fama e alle aspettative, non inganni il fatto che ha segnato meno, più che altro perché nel finale ha giocato poco, in Europa condizionato sicuramente dalla espulsione iniziale e due assenze di fila, ma avere segnato sei reti, di cui cinque tra ottavi e quarti, mi sembrano un elemento degno di nota. Metterei sullo stesso piano, un gradino sotto, la stagione di Szczesny, Chiellini, nonostante le troppe assenze per infortunio, Emre Can. Poi ci sarebbe da fare diversi distinguo, sull’andamento contrastante di diversi giocatori, e dunque abbiamo visto una parte iniziale straordinaria per giocatori come Cancelo, Mandzukic, Alex Sandro, Bernardeschi, tutti però vistosamente calati nella seconda parte della stagione, anche per ragioni fisiche; abbiamo visto un Pjanic che sembra sempre sul punto di fare il salto di qualità, ma perdersi proprio nei momenti topici della stagione; Douglas Costa partito bene, poi smarritosi, rivistosi ad Amsterdam, e poi nuovamente sparito; stesso discorso per Cuadrado, tutto sommato partito discretamente, ma davvero incolore nel finale di stagione, infine Dybala, sicuramente alla sua stagione peggiore. A contrario, fanno ben sperare Spinazzola, per quanto mostrato dal momento del suo rientro, Bentancur, che pur nella discontinuità, in certe partite ha dimostrato che è un talento che può esplodere da un momento all’altro, e infine il giovanissimo Kean, sette reti nella sua prima vera stagione in organico, a 19 anni non ancora compiuti, lasciano ben sperare, è un risultato che neppure l’esordiente Del Piero raggiunse nella sua prima stagione in bianconero.
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Parliamo delle altre, non sottacendo che un errore di previsione che ho commesso ad inizio stagione, è stato quello di avere sopravvalutato alcune delle rivali dei bianconeri, al punto da poter dire oggi che, se la stagione praticamente è finita a marzo, con certezza matematica dello scudetto prima di Pasqua, lo si deve soprattutto alla minore competitività manifestata da squadre come Inter, Napoli e Roma. Sul punto una cosa devo evidenziare. Ad inizio stagione, sempre in sede di presentazione, tra le “luci” del nostro calcio, scrivevo testualmente:
“Altre luci, possiamo dirlo, sono squadre che con gestioni oculate ed intelligenti, in questi anni, hanno conquistato il palcoscenico europeo, anche se di seconda fascia, mi riferisco all’Atalanta, esempio di come si possano ottenere grandi risultati in provincia, se si è dotati di una organizzazione efficiente e di manager oculati e lungimiranti.”
Contrariamente ad ogni previsione, l’Atalanta è arrivata terza, conquistando la prima storica qualificazione in Champions League, per la fase a gironi, e questo dopo due annate nelle quali si era conquistata l’Europa League, anche se nella stagione appena terminata, era stata eliminata all’ultimo turno preliminare, ed in maniera sfortunata; ha pure conquistato la finale di Coppa Italia, persa solo nel finale contro la Lazio. Come dire, è questa la smentita a certe teorie, su fatturato, su grandi mezzi economici e amenità del genere: in Italia è possibilissimo programmare, i grandi risultati possono arrivare senza grandi nomi ma con intuizioni e competenze: e così, su due scarti di grandi squadre, Zapata ed Ilicic, un nome mai notato dal grande giro, Gomez, e molti nomi sconosciuti lanciati in prima squadra, che sono poi diventati “nomi” mercato anche quest’anno, una squadra “provinciale”, oggi a buon diritto deve essere considerata tra le grandi del nostro calcio. Le altre, come detto, hanno deluso, chi più chi meno. Sicuramente la delusione maggiore si chiama Roma, terza lo scorso anno, semifinale di Champions, quest’anno invece eliminata agli ottavi da un non certo irresistibile Porto, subito fuori dalla lotta scudetto, e in campionato arrivata sesta, dopo anche una crisi tecnica che ha prodotto l’esonero di Di Francesco. Un ambiente in forte tensione, come è storicamente quello giallorosso, che passa facilmente dalle stelle alle stalle, ed ora l’ennesima prossima stagione di ripartenza, per una squadra che non vince più nulla dal 2001. Delusione fino ad un certo punto anche il Milan, e non certo per Gattuso. Vedete, i progetti per ripartire, hanno tutti un problema, che è quello dei risultati: non occorre avere troppa fretta, i risultati per venire devono essere frutto di lavoro che non necessariamente è un solo anno, ma anche due o tre, e mi pare che al Milan, in astinenza dal 2011, e lontano dalla Champions, dalla stagione 2013 – 14, non sappiano aspettare. Già si delinea l’ennesimo rimpasto societario, che sarebbe il quinto dopo l’addio (almeno sembra) di Berlusconi. E di delusione si deve pure parlare in relazione all’Inter, che un po’ tutti consideravano la vera rivale stagionale per i bianconeri, mentre invece la formazione nerazzurra si è subito persa fin dalle prime battute. La rocambolesca conquista del quarto posto, proprio all’ultimo respiro, contro un Empoli che ha sfiorato l’impresa, fare risultato e salvarsi all’ultima giornata, spiega meglio di ogni altra cosa cosa è stata la stagione dell’Inter, eliminata in Champions per non avere saputo battere all’ultima giornata, il già tagliato fuori PSV Eindhoven, eliminata in Coppa Italia, in casa, dalla Lazio, arrivata per chi se lo ricorda a quella gara fortemente rimaneggiata. Il Napoli ha confermato il secondo posto, ma non è stato il secondo posto “sarriano” delle stagioni precedenti, direi un secondo posto per modestia delle altre: se non sbaglio i 79 punti conquistati sono il risultato più basso da qualche anno a questa parte, e non direi che ha davvero provato a lottare per lo scudetto. Poteva andare meglio in EL, dopo una eliminazione inopinata in CL, per differenza rete, a causa di un gol subito dal fanalino di coda Stella Rossa: ma all’appuntamento con l’Arsenal, la squadra partenopea non si è fatta trovare preparata al meglio.
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Per quanto riguarda le altre, bene il Torino, ad un passo dal piazzamento EL, e in qualche fase anche tra le possibili candidate ad uno dei quattro posti per la Champions; bene salvo un cedimento finale, la Sampdoria, male invece la Fiorentina, salva praticamente all’ultima giornata; nel complesso bene le emiliane, tutte comodamente salvatesi in anticipo. In B ci vanno Chievo e Frosinone, praticamente quasi mai davvero in corsa per la salvezza, con un pizzico di sfortuna l’Empoli, come detto, che in B ci va soprattutto per i grandi meriti di Handanovic nell’ultima gara.
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Ed ora sono già partite le sfide per la prossima stagione. Il primo guanto di sfida alla Juventus parte dall’Inter che ha salutato Spalletti, ingaggiando il nostro ex allenatore. Scelta che ha prodotto reazioni isteriche, sia in molti tifosi juventini, sia negli ultras interisti, a conferma che questo è un mondo che sta praticamente impazzendo. Perché compito delle tifoserie non è fare le scelte dirigenziali, ma affidarsi alle dirigenze per quelle scelte, che poi devono essere valutate dai risultati sul campo. Conte sarà stata una bandiera per i bianconeri, è stato l’artefice del rilancio della Juventus post farsopoli, ma ha chiuso la sua storia in bianconero quel famoso 15 luglio 2014, dunque grazie per quello che ha fatto, buona fortuna, ma non appartiene più al mondo bianconero, né deve essere considerato un traditore per essere andato proprio nella rivale storica. Stesso discorso, alla rovescia, per la squadra dove è approdato: è un professionista, sicuramente tra i migliori in circolazione, saranno i risultati a parlare per lui, e per una squadra che dal 2010 non vince più nulla, e al massimo è arrivata quarta due volte di fila per il ritto della cuffia, qualsiasi risultato migliore sarà un successo. Delle grandi, solo il Napoli di fatto riparte da dove ha chiuso, unica che conferma l’allenatore, Ancelotti, e dunque che può programmare in prosecuzione, le altre, al tre giugno sono ancora in alto mare. Almeno apparentemente, chi vivrà vedrà, come ha detto giorni addietro Pavel Nedved.
E per questa stagione è tutto, appuntamento come sempre ad agosto all’inizio del prossimo campionato.
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