Tutte le partite ufficiali della stagione |
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La Juventus dal 1900 ad oggi |
Gare ufficiali |
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Serie A |
4.582 |
Giocate |
3.090 |
2.508 (54,74%) |
Vittorie |
1.699 (54,98%) |
1.175 (25,64%) |
Pareggi |
838 (27,12%) |
899 (19,62%) |
Sconfitte |
553 (17,90%) |
8.195 |
Fatti |
5.379 |
4.460 |
Subiti |
2.911 |
C. Europee |
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Era 3 pti (uff.) |
513 |
Giocate |
1.560 |
281 (54,78%) |
Vittorie |
927 (59,42%) |
114 (22,22%) |
Pareggi |
372 (23,85%) |
118 (23,00%) |
Sconfitte |
261 (16,73%) |
871 |
Fatti |
2.738 |
472 |
Subiti |
1.379 |
Tutti i numeri della Juventus |
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Pubblicato il 26.01.2016
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Juventus - Roma 1 - 0 - TODA JOIA, TODA BELEZA!
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di Antonio La Rosa
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E sono undici! Si sapeva già che questa gara sarebbe stata la più difficile e complessa, nel cammino bianconero verso la vetta della classifica, e non poteva essere diversamente, incontrandosi una Roma praticamente all'ultima spiaggia; effettivamente i giallorossi hanno giocato appunto consapevoli di essere all'ultima spiaggia, ma non per provare a vincere, bensì per non perdere e semmai fare mezzo sgambetto ai bianconeri. Tutto vanificato da una prodezza di Dybala, ormai beniamino dello Juventus Stadium, su intelligente assist di Pogba.
Il modulo di gioco
In questo periodo ormai il modulo è stabilmente il solito, e quindi formazione sostanzialmente tipo, con il rientro di Barzagli in difesa, e a centrocampo Lichtsteiner ed Evra esterni. Con la Roma schierata praticamente a specchio, anzi con un centrocampista in più e una punta in meno, nel primo tempo sono emersi i limiti del modulo, nel momento in cui gli esterni raramente riuscivano a creare la superiorità numerica saltando l’avversario, dunque molta pressione, molto possesso palla, qualche buona verticalizzazione, ma nella sostanza pochissimi spazi per andare a rete. Gara quindi che sembrava progressivamente bloccarsi in un sostanziale nulla di fatto a centrocampo, almeno fino a quando Allegri non ha operato i cambi.
Le sostituzioni
Il momento di svolta è stato l’ingresso di Cuadrado, e da quel momento, con Digne perennemente in difficoltà sul colombiano, la manovra bianconera è divenuta più efficace e convincente, anche se l’azione decisiva è nata dall’altro lato del campo. Cambio di routine invece quella tra Dybala e Morata, diciamo per spezzare il ritmo alla manovra avversaria, invero più teorica che effettiva.
I singoli: sull’altare.
Dybala, ormai non fa più notizia, semmai avrebbe fatto notizia il contrario, giocare che a 22 anni sta diventando leader trascinatore dei bianconeri. Il gol è da cineteca per il modo come ha controllato la palla e tirato di prima intenzione: stop di esterno sinistro e immediata conclusione in diagonale che ha preso controtempo l’estremo difensore ospite, non so quanti altri sarebbero stati in grado di compiere un gesto del genere, in velocità. Degli altri, direi ineccepibile il pacchetto difensivo; bene a sprazzi Pogba, qualche volta gigioneggia, ma quando ha il lampo del fuoriclasse, gli effetti si vedono; nota di merito per Cuadrado, il suo ingresso ha dato fantasia ad una manovra che rischiava di diventare asfittica. Due parole anche su Khedira, rimasto in campo per tutti i 90’: non è di quelli appariscenti, ma è terribilmente essenziale e tatticamente molto intelligente, sempre nel vivo della manovra, non ha l’esuberanza di un Vidal, ma a mio giudizio conferisce maggiore solidità al reparto appunto per questo suo sapersi sempre collocare nello spazio giusto per chiudere le linee di passaggio degli avversari o ricevere lo scarico dei compagni.
Da rivedere Unico un pochino sotto tono Lichtsteiner, apparso svogliato, mai a creare superiorità numerica, eppure il suo avversario, Digne, non sembrava di quelli insormontabili
Le prospettive
Facciamo un passo indietro. Io c’ero allo stadio quel 24 gennaio 2010, sei anni addietro esatti, in occasione di una gara Juventus - Roma, arbitro Tagliavento, che segnò la fine dell'esperienza di Ciro Ferrara in panchina bianconera, e sostanzialmente la fine della gestione tennista - liquidatore di aziende – fotocopiatore. Sembrava l’inizio di un periodo ancor più buio rispetto agli anni precedenti del post farsopoli; quello che è successo dopo inutile raccontarlo ancora, ed oggi sembrano passati non anni ma secoli tra quella Juve e la Juve attuale. Da quella volta in poi, Juventus – Roma è diventata partita quasi scontata nell’andamento e nell’esito, un solo pareggio l’anno di Del Neri, e dopo cinque vittorie nette, anche più del punteggio, e Roma sempre umiliata, nonostante i proclami pre gara o sviolinatori supportati da media. Spalletti, sicuramente più furbo del suo predecessore, ha fatto tesoro dei proclami del passato, e solo così si spiega un atteggiamento ultrarinunciatario e catenacciaro, una volontà provocatoria per fare degenerare la partita in rissa o per suscitare reazioni a qualcuno dei nostri, e non è una novità quando c'è la Roma in campo contro di noi, del resto sanno bene che i media li proteggeranno. Appunto i media, sempre proni verso la squadra della Capitale, quanto ostili verso i colori bianconeri: sono riusciti a minimizzare gli insulti di De Rossi a Mandzukic, hanno finto che non fosse da rosso diretto il colpo a palla lontana dato, ancor prima, sempre da De Rossi a Mandzukic; per spiegare l'assurda decisione su un rigore negato, sono andati a cercare un presunto fallo accaduto "mezzora prima" (modo di dire) ad un difensore romanista; invertite le maglie e immaginate cosa sarebbe stato scatenato, basti pensare a quanto accaduto lo scorso anno, sollevazioni popolari contro una direzione di gara colpevole, nella sostanza, di avere aiutato proprio i giallorossi. E sono questi i dati forse più interessanti da evidenziare, ossia nonostante queste condotte e una direzione di gare certamente compiacente, il risultato non è cambiato. Invero è stata partita monotematica, Juventus a provare a scardinare il catenaccio avversario (una sola punta, due linee difesa e centrocampo nello spazio di 10 - 15 metri massimo, Nainggolan marcatore fisso su Marchisio, e De Rossi provocatore fisso su Mandzukic), e con il passare dei minuti a rischio di rimanere incastrata nella ragnatela creata da Spalletti; poi l'ingresso di Cuadrado a vivacizzare la manovra offensiva, e la grande giocata sull'asse Pogba - Dybala, a sbloccare la gara. Vittoria che vale non dico doppio, ma quasi, mette forse definitivamente fuori dalla corsa scudetto i giallorossi, ora a – 10 (erano a + 11 a fine ottobre), distanziando ulteriormente Inter e Fiorentina, e mettendo pressione al Napoli, costretto a n on sbagliare un colpo prima dello scontro diretto a Torino. Ma neppure i bianconeri debbono sbagliare colpo, non sarà facile, ricordandoci i punti persi ad inizio stagione proprio con formazioni medio – piccole, e considerandosi che le prossime tre gare saranno Chievo e Frosinone in trasferta, Genoa in casa.
La giornata di campionato
La classifica continua a sgranarsi in testa, solo la Juventus ha ribattuto alla sonora vittoria esterna del Napoli a Marassi, contro una Sampdoria entrata in campo con mezzora di ritardo, che paga quindi gli errori iniziali. Inter beffata a tempo scaduto dal Carpi, e per chi ha visto la partita, il pareggio è più che meritato per gli emiliani, confermando che se ai nerazzurri comincia a mancare l’effetto fortuna (o come volete chiamarlo più correttamente) e l’effetto Handanovic, tornano ad essere formazione di seconda fascia, non certamente competitiva per le prime piazze. Torna alla vittoria la Fiorentina, dopo due sconfitte di fila, agganciando così l’Inter; nelle posizioni a ridosso la zona per l’Europa, nessuna compie significativi passi avanti, anzi: Milan di nuovo in difficoltà ad Empoli, Sassuolo sconfitto in casa dal Bologna.
Le mie postille
1 – Il festival dell’ipocrisia
Questa settimana i soggetti da inserire nella mia solita postilla sullo scemo settimanale, sarebbero in parecchi, e siccome sono tutti appartenenti ad una vicende sostanzialmente unitaria, li racchiudo in unico contesto. Il festival dell’ipocrisia, che ha visto tanti personaggi con autori più o meno individuabili, è cominciato martedì scorso, con la nota vicenda Mancini – Sarri, e parlo di ipocrisia a ragion veduta, dato che il primo è andato davanti ai microfoni a spiattellare l’accaduto, più che altro per avere come suo solito, il conforto dei suoi amici di sempre, ben lieti di poter arrivare in soccorso del pupillo che vince sempre. Intendiamoci, l’offesa c’è stata, non mentiamo a noi stessi, fingendo di non ritenere che la terminologia usata da Sarri appartiene alle peggiori offese che si possano profferire verso un uomo in genere, e non c’entra molto l’omofobia, ma il sentire comune, sono parole universalmente ritenute offensive. Ma, a mio giudizio, è stato strumentale il modo come Mancini ha utilizzato l’accaduto, non certo per condannare omofobie o intolleranze, bensì per atteggiarsi a vittima, in mancanza del bieco Moggi degli anni pre e post farsopoli. Non meno ipocrita le teorie giustificazioniste provenienti da Napoli, dapprima dallo stesso Sarri, che per evitare accuse di omofobia, ha dato spiegazioni ancor peggiori del fatto (se davvero ha amici gay, non utilizzerebbe certi termini per offendere altre persone, a meno che non abbia stesso metro di valutazione per gli asseriti amici gay), e successivamente dal contesto partenopeo, che ha provato a giustificare, con il solito atteggiamento vittimista di sempre, e farcendolo con il mai abbandonato teorema del complotto del nord contro la città e la squadra napoletana, in odor di scudetto. Il peggio c’è stato quando l’episodio è sbarcato nella sede del giudice sportivo, che come suo solito, si è fatto scrivere la sentenza dal solito quotidiano abilissimo da anni ad anticipare verdetti, e così una condotta che, normalmente, applicandosi il regolamento, avrebbe dovuto produrre una lunga squalifica di Sarri, è stata derubricata notevolmente, e partendosi dalla considerazione che l’offesa non sarebbe del tipo discriminatorio razziale né omofobo (con la grottesca appendice che dare del gay ad un etero non costituisce offesa o manifestazione di omofobia), a Sarri sono state comminate solo due giornate di squalifica, ma in Coppa Italia futura, come dire per partite insignificanti o quasi. Capirete bene che, con un precedente del genere, che rovescia clamorosamente delle pronunce passate, delle quali la tifoseria bianconera ha ancora ricordi molto freschi, curva chiusa due volte, prima all’Olimpico, poi allo Juventus Stadium), il potere calcistico ha praticamente dato il via libera a ogni tipo di offesa in campo e fuori, a meno di interpretarla opportunamente in caso di vicenda che possa coinvolgere i soliti antipatici, a strisce bianconere. Ed ecco che domenica sera abbiamo avuto il prosieguo: De Rossi dare dello zingaro di emme a Mandzukic. Episodio grave, esecrabile, che ha avuto tuttavia un seguito ancora più sconcertante, le dichiarazioni dopo partita di Spalletti, il quale ha detto che l’errore di De Rossi è stato quello di essersi fatto beccare dalle telecamere e che la prossima volta dovrà mettersi la mano davanti alla bocca quando offende pesantemente un avversario. Dichiarazione che la dice lunga sullo stile e sulla sportività di questo personaggio, entrato già, anzi rientrato già, nel clima capitolino giallorosso, in meno di una settimana. Finita qui? Ma neanche per sogno, il dibattito stucchevole se dovesse essere ritenuto o meno episodio da prova televisiva (come dire, più che censurare la gravità del fatto, discutere se il fatto possa essere utilizzato contro l’autore), chiuso dalla decisione dell’ineffabile procuratore sportivo Palazzi (quello della prescrizione per avere tenuto cinque anni nel suo cassetto le carte per vicende di illeciti sportivi vari che toccavano la società calcistica Internazionale Football Club di Milano), che non ha ritenuto l’episodio idoneo per aprire un fascicolo o segnalarlo al Giudice Sportivo. Che dire a commento di questa settimana grottesca dove i bizantinismi e i sofismi per giustificare l’ingiustificabile, hanno superato letteralmente i dettami lasciatici dai Maestri? Niente: ecco a voi il mondo del calcio italiano del 2016!
E-mail: antonio_larosa{chiocciola}msn.com
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