Tutte le partite ufficiali della stagione |
G. |
Pti |
Vit |
Par |
Sco |
Fat |
Sub |
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9 |
16 |
4 |
4 |
1 |
12 |
5 |
C |
7 |
15 |
4 |
3 |
0 |
16 |
7 |
F |
0 |
0 |
0 |
0 |
0 |
0 |
0 |
N |
16 |
31 |
8 |
7 |
1 |
28 |
12 |
T |
La Juventus dal 1900 ad oggi |
Gare ufficiali |
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Serie A |
4.579 |
Giocate |
3.088 |
2.508 (54,77%) |
Vittorie |
1.699 (55,02%) |
1.172 (25,60%) |
Pareggi |
836 (27,07%) |
899 (19,63%) |
Sconfitte |
553 (17,91%) |
8.194 |
Fatti |
5.378 |
4.459 |
Subiti |
2.910 |
C. Europee |
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Era 3 pti (uff.) |
512 |
Giocate |
1.557 |
281 (54,88%) |
Vittorie |
927 (59,54%) |
113 (22,07%) |
Pareggi |
369 (23,70%) |
118 (23,05%) |
Sconfitte |
261 (16,76%) |
871 |
Fatti |
2.737 |
472 |
Subiti |
1.378 |
Tutti i numeri della Juventus |
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Pubblicato il 03.09.2012
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Scirea - I ricordi di Gianni Rosso, magazziniere della Juventus: "Gaetano come un figlio"
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di Juworld.NET
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Scirea capitano della Juventus e della Nazionale: sono immagini impresse nella mente di tutti coloro che seguono, amano, praticano, o anche solo tollerano il calcio. Immagini entrate a far parte della storia di questo sport. Accanto ad esse, meno conosciuti, meno eclatanti, ma certo non meno significanti, i semplici ricordi di vita quotidiana - che costituiscono poi la fetta più grossa della storia di un uomo - di tutte quelle persone che Gaetano Scirea lo conoscevano bene. «Per 15 anni si può dire l'abbia visto tutti i giorni - afferma Gianni Rosso, magazziniere della Juventus -. E' un pezzo di vita, eppure, in questo momento in cui i ricordi si affollano nella mente, diventa difficile mettervi ordine e raccontare».
Gianni Rosso, 62 anni, da 27 nella società bianconera, conobbe Scirea poco più che ventunenne. Sotto i suoi occhi lo vide crescere come uomo e come campione. «Gaetano, oltre che un grande amico, è stato come un figlio - prosegue il signor Rosso -. Era l'unico che avesse tanta attenzione nei miei riguardi; il nostro era un rapporto ai reciproco rispetto, stimava il mio lavoro, e non mi ha mai fatto pesare la differenza di ruoli. Anzi, mi trattava come un padre e quando aveva un problema si confidava volentieri, come volentieri accettava i miei consigli». «Non passava giorno che non venisse a salutarmi. Ancora venerdì, dopo l'allenamento, me lo sono visto arrivare in magazzino: "ci fumiamo una sigaretta?" mi chiese, come faceva sempre perché diceva che le mie, senza filtro, erano più buone, io slavo mangiando, allora si è seduto accanto a me e, chiacchierando allegramente, come un ragazzino goloso, mi ha rubato qualche boccone dal piatto».
Gianni Rosso si ferma a pensare, come a voler mettere ordine e una partita della Juve tra i ricordi. Si passa una mano sugli occhi, forse per allontanare una probabile lacrima, poi sorride. «Scirea non voleva mai cambiare scarpe - racconta il magazziniere - fino a quando ne aveva un pezzo, continuava a giocare con quelle. Era capace di portare lo stesso paio per tutta la stagione, ricucite, rattoppate, ma sempre le stesse perché diceva che lo facevano giocare bene. Non aveva altre piccole manie, se non quella di essere estremamente ordinato: quando si cambiava, piegava tutto con particolare cura anche gli indumenti che dovevano andare in lavanderia». «Da uomo schivo qual era, parlava poco con i compagni - continua il signor Gianni - non partecipava mai alle chiacchiere, agli scherzi, se ne stava in disparte non perché si sentisse superiore ma perché questo era il suo carattere; guardava i suoi compagni, sorrideva, e poi mi diceva: lasciali fare, finiranno anche per loro questi momenti di spensieratezza». Il ruolo di magazziniere ha portato il signor Rosso e seguire la squadra in tutte le trasferte: «Eravamo sempre insieme - commenta -. La sera andavamo a visitare la città in cui ci trovavamo, oppure mi invitava a guardare la televisione in camera sua, e parlavamo di qualsiasi cosa perfino del mio orto e di quello di suo suocero. Gaetano, competente anche su questo argomento, mi dava degli ottimi suggerimenti».
Gianni Rosso più parla del «suo» capitano, e più ne parlerebbe. Sorride tristemente e ricorda. «Non ha mai voluto che lo chiamassi mister, ma semplicemente Gaetano e per questo motivo a volte mi sgridava bonariamente. La parola che gli sentivo pronunciare più facilmente era grazie, e non l'ho mai visto arrabbiato. Tranquillo e sereno, diceva sempre: è meglio prendersela con calma, la vita è lunga».
Articolo di Debora Vaglio (StampaSera del 5 settembre 1989)
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