Pareggio deludente quello maturato allo Stadio “Franchi” di Firenze tra i viola e bianconeri. E pareggio che non serve a nessuna delle due squadre, dato che la Fiorentina, praticamente fuori da qualsiasi speranza di Europa League, puntava almeno ad una vittoria di prestigio contro la rivale storica, e non l’ha ottenuta; mentre la Juventus aveva l’obbligo di vincere, così per superare la Roma e quantomeno mantenere lo stesso distacco da Lazio e Udinese, entrambe vittoriose, la seconda a sorpresa a Napoli. Gara che ha detto poco, o meglio ha spiegato meglio di ogni altra cosa le ragioni di una annata incolore per entrambe le squadre: possesso palla a favore della Juventus ma sporadiche azioni offensive degne di nota; maggiore capacità di verticalizzazione dei padroni di casa, ma Buffon praticamente rimasto inoperoso. Come dire, squadre che giocano senza avere poi molte idee su come andare a vincere, nonostante attaccanti in organico di livello superiore, almeno nel nostro panorama calcistico.
La partita alla lavagna
Juventus con il modulo iniziale abituale, da Roma in avanti, ossia una sorta di 4 – 3 – 3 offensivo, tramutantesi in 4 – 1 – 4 – 1, uniche varianti il rientro di Buffon e Grosso; Fiorentina con 4 – 3 – 3 teorico, avendo il solo Gilardino punta centrale, con Cerci e Mutu a sostegno, ossia due punte di ruolo, e centrocampo a tre, con Montolivo più arretrato, da play basso. Contrariamente alle premesse, che avrebbero fatto presagire a squadre molto offensive e dunque gioco vivace, fin dall’inizio la partita è stata molto tattica, quasi a scacchi, Fiorentina più intraprendente ma sostanzialmente sterile, Juventus più macchinosa nella manovra, Matri isolato in avanti, anche per la giornata no di Krasic, e per la confusione di Pepe, costretto ripetutamente a cambiare posizione in campo. Non a caso, pochissime occasioni da rete, per i viola un solo tiro, deviato, alto di poco, di Cerci; per la Juventus una conclusione molto angolata di Matri, diciamo tiro – cross, sopra la traversa. La ripresa sembra vedere una Juventus più intraprendente, che ha subito una buona occasione, da un calcio d’angolo, colpo di testa di Bonucci però centrale, e ben parato da Boruc. Ma è un fuoco di paglia, i viola riprendono le loro manovre offensive (si fa per dire), qualche conclusione fuori o qualche mischia in area, non impensieriscono tanto Buffon. La migliore azione della gara, appena entrato Del Piero: combinazione sulla sinistra tra Matri e Marchisio, con assist di quest’ultimo al capitano, che si gira bene e tira a botta sicura, ma Boruc riesce a parare la conclusione angolata. Praticamente è l’unico vero sussulto della ripresa.
Pagelle:
I Promossi
Bonucci: 6,5 Quando il migliore in campo, di una gara che si doveva vincere, è un difensore centrale, significa che qualcosa (per essere generosi), non ha funzionato. Ed ancora più singolare è che il migliore in campo è il giocatore che rischiava di uscire per infortunio, dopo uno scontro fortuito ad inizio gara: un paio di chiusure provvidenziali in area di rigore, una occasione da rete creata, e nel complesso una prestazione convincente.
Barzagli: 6,5 Potrei ripetere lo stesso discorso fatto per Bonucci, con la differenza che lui non si è visto in avanti, ma sicuramente ha dimostrato abilità nel guidare la retroguardia.
Per il resto, poco da dire, nel senso che potremmo ritenere appena sufficiente la prestazione di Marchisio, a tratti anche di Aquilani (ha provato a dare ordine alla manovra, ma non sempre in modo efficace), di Buffon, inoperoso ma attento quelle rare volte chiamato in causa.
I rimandati Ad onor del vero, eccettuati i giocatori subentrati (che ritengo ingiudicabili, lo stesso Del Piero, dopo un inizio brillante, si è smarrito nel non gioco di squadra), gli altri si sono mantenuti in una situazione di insufficienza più o meno rilevante; per cui evidenzio quelli che forse hanno deluso più di altri.
Pepe: 5 Ha girovagato spesso a vuoto, passando da esterno avanzato, ad esterno arretrato, a seconda punta, a centrocampista di contenimento, finendo con il non capirci più nulla. Ma non è solo colpa sua.
Krasic: 5 Irritante, inconcludente, tendente ad isolarsi dalla manovra e giocare quasi da solo.
Sotto processo
Del Neri: 4 Ancora una volta ha confermato di non essere allenatore da grande squadra. Dopo tre vittorie di fila, che avevano ridato qualche speranza di acciuffare in extremis il quarto posto, era indubbio che a Firenze si doveva giocare per vincere, e dunque per fare la partita, non certo per contenere gli avversari: invece abbiamo visto una Juve timida, che ha pensato più a contenere e provare a ripartire, che a fare la gara. Vero che il possesso palla è stato a favore dei bianconeri, ma tenere palla per non creare nulla di rilevante, non ha senso alcuno; al contrario viene il rammarico perché, nelle pochissime volte in cui i bianconeri hanno provato ad affondare seriamente, la Fiorentina sembrava davvero vulnerabile e ben poca cosa. Insomma, il coraggio di rischiare è quello che manca al nostro allenatore, e quando manca questo coraggio, difficilmente i risultati arrivano: si potrà essere abili tattici per neutralizzare gli avversari, ma con questa mentalità si può fare, e bene, in provincia, non certo in una grande squadra.
La sentenza
L’azione emblematica della gara credo sia stata quando Matri, unica punta, si è defilato sulla sinistra per ricevere palla e crossare in area per l’unico bianconero ivi piazzato, che era … Pepe! Ossia, quando il nostro migliore attaccante (sette reti in dieci gare), non riceve mai palla in area, e per entrare in gioco deve defilarsi ed essere lui chi crossa in area, mi pare che la squadra sia in stato di totale confusione tattica. E mi viene (permettetemi l’irriverente accostamento), un racconto che leggevo da bambino, quello della “logica dell’asino”, che raccontava di quell’asino che, con un carico di sale, caduto in acqua, si alzò più leggero, e così si convinse che per portare meno peso ed essere leggero, gli sarebbe bastato usare sempre lo stesso espediente, fino a quando, avendo un carico di spugne, con quell’espediente finì con l’annegare. Mi pare questa la logica di Del Neri. Aveva trovato un assetto che comunque aveva funzionato a Roma, ma in una situazione particolare, anche grazie ad una gara strepitosa di Storari, ed alla giornata di vena di alcuni nostri giocatori: ma era un assetto che poteva funzionare fuori casa e contro una squadra che aveva assoluto bisogno di vincere (come noi a dire il vero), per mantenere intatte le speranze di agganciare il quarto posto, per cui una strategia finalizzata a stare ben coperti in difesa e ripartire al meglio (tenuto conto anche della formazione rimaneggiata), poteva avere le sue valide ragioni, ed invero aveva pagato. Già le cose erano cambiate contro il Genoa, tanto che i bianconeri cominciarono a giocare solo quando Pepe ha giocato di punta pura, Krasic più libero di compiti di copertura, e soprattutto nella ripresa, con l’ingresso di Toni. Quindi, riproporre lo stesso modulo, con lo stesso atteggiamento, a Firenze, contro una formazione che sarà sì quella che gioca in una piazza storicamente ostile ai colori bianconeri, ma che contro quei colori non vince dal dicembre 1998, neppure quando aveva ben altri giocatori e ben altra qualità, e soprattutto avere un atteggiamento rinunciatario in una gara da vincere a tutti i costi, mi pare sia davvero l’atto finale della gestione del nostro allenatore. Perché, vedete, il problema non è il risultato finale, che ci poteva anche stare, al termine di una gara giocata per vincere, e nella quale si era tentato davvero ogni cosa pur di vincere (come contro i genoani, in una situazione di doppio svantaggio); ma il modo come arriva questo risultato. Ieri sera, ad esempio, abbiamo assistito alla sconfitta del Napoli, che praticamente ha quasi messo la parola fine alla lotta scudetto: eppure i padroni di casa hanno tentato fino all’ultimo di recuperare il risultato, hanno davvero dato tutto, anche se la serata non era delle migliori, e l’Udinese, con intelligenza e accortezza, ha saputo colpire nei momenti decisivi: orbene, se la Juventus avesse giocato con quel piglio a Firenze, avremmo avuto qualcosa da rimproverare, o magari da lamentare, sul pareggio o su una possibile sconfitta maturata però per cercare in tutti i modi di vincerla quella gara? Credo di no, mentre invece, dopo i punti dilapidati in partite non impossibili contro avversarie di valore medio – basso, adesso si perde l’ennesima e credo ultima occasione per provare ad agganciare quel quarto posto utile per la CL. Forse meglio così: sappiamo tutti adesso, soprattutto i dirigenti, che la Juventus così com’è, non è affatto competitiva per poter vincere, e dunque che occorre necessariamente il salto di qualità, con l’arrivo di veri leader, in campo e nello spogliatoio, che servano a dare ad gruppo, buono certo ma non eccelso, quel qualcosa che manca. E quando parlo di leader, mi riferisco anche alla panchina. Non spetta a me fare nomi, nel senso che potrei solo esprimere personali valutazioni, e naturalmente la società operare scelte di altro genere: ad esempio non vedrei affatto male anche quel Mazzarri che non sembra tanto gradito nei forum juventini, sia per una questione cabalistica (anche Lippi veniva dal Napoli), sia per quella mentalità che ha saputo dare alle sue squadre, fin da quando siedeva in panchina della Reggina; come pure il mio preferito sarebbe Antonio Conte, ma con un programma non immediato, e mettendo anche in conto che un anno potrebbe anche essere necessario per un migliore assemblaggio del gruppo. Certo è che una svolta vera deve essere data fin dalla panchina, che poi è stato il vero limite della Juventus del dopo farsopoli.
Le mie postille
- Un minuto di raccoglimento Stavolta mi limiterò ad una sola postilla, e su un argomento extracalcistico, che comunque ha un suo piccolo legame con la passione calcistica. Come avrete letto, si è concluso il processo di primo grado per la tragedia della Thyssen Krupp, con una condanna definita pesante (che io definirei “giusta”) per i responsabili del gruppo industriale, colpevoli di avere ignorato la normativa sulla sicurezza nel lavoro, di avere volutamente omesso di adeguare gli stabilimenti a dette norme, e dunque di avere di fatto causato la morte degli operai. Bene, io ho ancora in mente un funerale (ero a Torino in quei giorni), una bara con una maglia bianconera sopra: era uno degli operai morti tragicamente, uno che la settimana lavorava, in quelle condizioni quasi disumane, ma che la domenica era puntuale in curva per tifare la squadra del cuore, la sua Juventus. Fatti di questo genere, non debbono farci dimenticare una cosa: dietro la passione calcistica, i cori, le gioie e le delusioni dentro uno Stadio, ci sono le singole storie di tante persone che quotidianamente vanno a lavorare, per sostentare il proprio nucleo familiare, che la domenica si dedicano a questo sport, andando allo Stadio, e che a ben vedere sono la cosa migliore del calcio, dato che questo sport, senza la passione e il calore delle tifoserie, sarebbe forse qualcosa di freddo e di poco interessante. Non è il mio un discorso “politico”, un discorso di destra o di sinistra, ma la semplice constatazione che il calcio è importante sì, ma più importanti sono quelli che consentono al calcio di essere lo sport nazionale, e sono persone che vivono, lavorano, magari qualche volta vengono denigrati come “ultras”, per esprimere in modo colorito o caloroso la propria passione per la propria squadra del cuore. Bene, non dimentichiamoci dunque che allo Stadio Olimpico di Torino, c’è uno spettatore in meno, e quello spettatore manca perché chi gli doveva consentire di lavorare nella massima sicurazza, non l’ha fatto per una squallida questione di lucro, per non spendere denaro in interventi fondamentali per la sicurezza dei lavoratori. Quel tifoso è uno di noi, la sentenza non lo restituirà alla sua famiglia, non gli restituirà la vita, le gioie e i dolori calcistici, ma almeno noi juventini non dimentichiamoci di lui.
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