Tutte le partite ufficiali della stagione |
G. |
Pti |
Vit |
Par |
Sco |
Fat |
Sub |
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9 |
16 |
4 |
4 |
1 |
12 |
5 |
C |
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15 |
4 |
3 |
0 |
16 |
7 |
F |
0 |
0 |
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0 |
0 |
0 |
N |
16 |
31 |
8 |
7 |
1 |
28 |
12 |
T |
La Juventus dal 1900 ad oggi |
Gare ufficiali |
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Serie A |
4.579 |
Giocate |
3.088 |
2.508 (54,77%) |
Vittorie |
1.699 (55,02%) |
1.172 (25,60%) |
Pareggi |
836 (27,07%) |
899 (19,63%) |
Sconfitte |
553 (17,91%) |
8.194 |
Fatti |
5.378 |
4.459 |
Subiti |
2.910 |
C. Europee |
|
Era 3 pti (uff.) |
512 |
Giocate |
1.557 |
281 (54,88%) |
Vittorie |
927 (59,54%) |
113 (22,07%) |
Pareggi |
369 (23,70%) |
118 (23,05%) |
Sconfitte |
261 (16,76%) |
871 |
Fatti |
2.737 |
472 |
Subiti |
1.378 |
Tutti i numeri della Juventus |
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Pubblicato il 20.11.2010
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Giampiero Combi
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di Bidescu
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Giampiero Combi era nato a Torino, il 20 novembre 1902. Ha sempre militato nelle file della Juventus; portiere di grande classe, che sapeva, all’occasione, anche giocare in altre posizioni, specialmente in quella d’ala, all’attacco. Ha giocato complessivamente 47 incontri per la squadra Nazionale con la quale ha avuto un esordio che avrebbe stroncato la carriera di chiunque. Chiamato improvvisamente il 16 aprile del 1924 a Budapest contro l’Ungheria a sostituire De Prà, indisponibile, condivise coi compagni la sorte di una fra le più dure sconfitte subite dagli azzurri, ed incassò ben sette reti.
Tornato in squadra nazionale nell’anno seguente, il 1925, divise per qualche tempo l’onore di difendere a porta azzurra con diversi colleghi: De Prà e Gianni, fra gli altri. Finì per imporsi e per tenere incontrastato il suo posto per lunghi anni. Nel 1934, quasi trentaduenne, iniziava la preparazione per il Campionato del mondo, convinto di dover fare da riserva a Ceresoli dell’Ambrosiana, l’astro sorgente del momento. Piero seguiva i compagni nel loro lavoro più per amore della firma che per altro, ma la sorte era in agguato: Ceresoli si ruppe un braccio in allenamento e Combi si vide così di nuovo proiettato in prima linea.
In pochi giorni, lavorando con grande abnegazione, si mise in piena forma, disputando l’incontro con gli Stati Uniti, i due con la Spagna, la semifinale con l’Austria (uscendo come uno dei migliori uomini in campo da questa partita) e la finale con la Cecoslovacchia. Chiunque altro si sarebbe lasciato attrarre ed abbagliare dalla splendida vittoria, ed avrebbe continuato a giocare. Combi invece decise di porre la parola fine, si ritirò, resistendo ad ogni insistenza, nel momento più brillante della sua carriera.
Pochi sanno che al termine della stagione 1924/24, Combi voleva lasciare il calcio. «Voleva quasi lasciare», racconta il fratello Maurizio, «lui rappresentava la parte commerciale della nostra distilleria di liquori e doveva partire per l’America. Ne ha parlato alla Juventus e così è diventato professionista. Ha avuto la prima macchina “501” ed è diventato grandissimo. Io mi ero dato al canottaggio. Mi attirava quella disciplina seria, ed ho vinto due titoli italiani; ma mio fratello è stato un vero campionissimo. Ha giocato con tre costole incrinate, dopo una partita con il Modena; con la Cremonese ha giocato con la vertebra coccigea incrinata e stava appoggiato al palo ed interveniva quando era necessario. Non voleva perdere il posto, si preoccupava sempre di perderlo. Forse più si è bravi meno si è sicuri di esserlo. Ha giocato anche con l’itterizia, tutto fasciato, nel gran freddo; ha giocato con i polsi e le dita e la faccia scassati; ha giocato».
Combi fu una delle colonne della squadra della Juventus che dominò per tanti anni in Italia. Per i bianconeri egli vinse cinque volte il Campionato d’Italia: nel 1926, nel 1931, nel 1932, nel 1933 e nel 1934, totalizzando 367 presenze. Formò con Rosetta e Caligaris il più famoso terzetto di difesa che sia mai esistito. Di media statura (1,71), muscolato in modo meraviglioso, aveva una struttura fisica robustissima. Era detto “Fusetta”, che in dialetto piemontese significa lampo, petardo. Ferito più volte a seguito di parate ed uscite spericolate, rischiò in un paio di occasioni la vita, per colpi alla testa.
In un Juventus-Bologna, fece una parata incredibile; Angelo Schiavio, che era un fuoriclasse, un grandissimo campione ed un gentiluomo, si presentò da solo, davanti a Combi. Lo stadio piombò in un silenzio angoscioso, allucinante; i due grandi campioni si guardarono negli occhi e Schiavio, con una finta, indirizzò la palla nell’angolo, alla sinistra di Combi, il quale intuì il tiro e, con un gran balzo, respinse a pugni chiusi. L’attaccante felsineo fu di nuovo sul pallone e, senza aspettare un istante, tirò ancora, esattamente nello stesso angolo di prima, dove Giampiero era rimasto ad aspettare la palla, per bloccarla comodamente. Combi, giocatore di rara intelligenza, aveva capito che Schiavio, vedendolo a terra nell’angolino sinistro, avrebbe creduto che si sarebbe buttato dall’altra parte, dove ogni altro giocatore al mondo, all’infuori di Schiavio, avrebbe indirizzato il pallone. E, contrapponendo l’astuzia all’astuzia, era rimasto fermo, sicuro della mossa dell’attaccante bolognese, il quale, non appena Combi si alzò da terra, corse subito a stringergli la mano.
Giocatore dotato di grande serietà e dirittura morale, fu senza alcun dubbio uno dei migliori portieri che abbia prodotto il calcio italiano.
Conclusa la sua vita di calciatore, Combi diventò dirigente. Il suo giudizio era competente e ponderato, fatto di tanto buon senso e tanta esperienza. Mai un apprezzamento azzardato, mai una valutazione che non fosse ben pensata. Nel consiglio direttivo della Juventus portò la sua saggezza, la sua onestà. Venne anche chiamato alla direzione della squadra nazionale con Busini e Beretta in un periodo agitato della vita calcistica. La morte lo coglie nel 1956 mentre cooperava con Umberto Agnelli a risollevare i destini della Juventus: anche grazie a lui ed ai suoi preziosi servigi, la squadra bianconera rivedrà, in poco tempo, le stelle
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