Tutte le partite ufficiali della stagione |
G. |
Pti |
Vit |
Par |
Sco |
Fat |
Sub |
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9 |
16 |
4 |
4 |
1 |
12 |
5 |
C |
7 |
15 |
4 |
3 |
0 |
16 |
7 |
F |
0 |
0 |
0 |
0 |
0 |
0 |
0 |
N |
16 |
31 |
8 |
7 |
1 |
28 |
12 |
T |
La Juventus dal 1900 ad oggi |
Gare ufficiali |
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Serie A |
4.579 |
Giocate |
3.088 |
2.508 (54,77%) |
Vittorie |
1.699 (55,02%) |
1.172 (25,60%) |
Pareggi |
836 (27,07%) |
899 (19,63%) |
Sconfitte |
553 (17,91%) |
8.194 |
Fatti |
5.378 |
4.459 |
Subiti |
2.910 |
C. Europee |
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Era 3 pti (uff.) |
512 |
Giocate |
1.557 |
281 (54,88%) |
Vittorie |
927 (59,54%) |
113 (22,07%) |
Pareggi |
369 (23,70%) |
118 (23,05%) |
Sconfitte |
261 (16,76%) |
871 |
Fatti |
2.737 |
472 |
Subiti |
1.378 |
Tutti i numeri della Juventus |
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Pubblicato il 28.07.2010
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Ermes Muccinelli
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di Bidescu
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Fu Piero Dusio, industriale torinese, presidente dal 1941 al 1947 a scoprire Muccinelli: «Ho visto un ragazzino tutto pepe, un romagnolo che gioca già con la Biellese. Quello è un piccolo grande giocatore». Dusio che, oltre ad essere presidente aveva militato nelle file della Juventus, di calciatori se ne intendeva e, sicuro di non sbagliare, portò Muccinelli alla Juventus. “Mucci” esordì il 29 dicembre 1946 al “Comunale” contro il Brescia, due mesi esatti prima dell’esordio di Giampiero Boniperti, che di Muccinelli sarebbe diventato inseparabile amico. Muccinelli conquistò immediatamente i tifosi, perché sembrava uno scoiattolo, una pulce, era l’antiregola per definizione. Era sempre dove nessuno se lo aspettava, un ribelle alle norme convenzionali e programmatiche della tattica di gara. Aveva l’istinto della evasione, e si comportava sempre un autentico “Peter Pan” delle favole calcistiche, una sorta di bambino che volava via dalla finestra della sua casa, in cerca di avventure. Rappresentava, insomma, la rivincita dell’istinto e dell’estro sulle regole che il calcio di quell’epoca esigeva. “Mucci” era una vera trottola, sapeva correre senza palla ed era facile, per il compagno, raggiungerlo con un lungo lancio; si spostava continuamente, era in difesa per aiutare i compagni in una situazione critica e subito dopo in attacco per sfruttare al meglio il contropiede. Aveva uno scatto ed una velocità sufficiente a mettere in crisi i difensori avversari, il controllo di palla perfetto ed una visione immediata del gioco offensivo. Era pronto a precipitarsi verso il portiere avversario, per sfruttare ogni possibile errore, ogni qualvolta i suoi compagni tiravano verso la porta avversaria. La sua vitalità eccezionale ed il suo coraggio lo portavano ed essere la vittima designata dei difensori avversari; nonostante ciò, solo in due circostanze, e sempre a Genova, Muccinelli fu costretto ad uscire dal campo in barella. Nella stagione 1955-56, Ermes se ne andò alla Lazio e così, Boniperti e Muccinelli, due amiconi, due grandi giocatori che avevano costruito la fortuna di una Juventus irresistibile, si ritrovarono in campo come avversari. Nella partita giocata a Torino, la Juventus vinse sulla Lazio per 1-0 e fu proprio Boniperti a segnare il goal decisivo; a Roma, invece, nel girone di ritorno, Muccinelli fu il protagonista della vendetta laziale (2-0) e segnando la prima rete dei biancoazzurri. Muccinelli giocò ancora tre stagioni meravigliose nelle file della squadra romana e poi fece ritorno alla Juventus, dove concluse la carriera. Anche la Nazionale si accorse, inevitabilmente, di lui. Esordì il 5 marzo 1950 a Bologna contro il Belgio. La nostra formazione era composta da giocatori esordienti (il più anziano, come attività, era Carapellese, con 10 presenze) e venne messa in difficoltà più volte dalla velocità dei belgi che passarono presto in vantaggio. Boniperti s’infortunò ed al suo posto entro proprio Muccinelli, che, dopo pochi minuti, segnò la rete del pareggio e, all’inizio della ripresa, siglò anche il goal del raddoppio azzurro. Poi Amadei mise definitivamente al sicuro il successo italiano con la terza rete. Fu protagonista anche in Egitto, il 13 novembre 1953, nel corso di una gara valevole per la qualificazione ai mondiali svizzeri, che si sarebbero disputati l’anno successivo. La nostra Nazionale giocò malissimo ed alla fine del primo tempo era sotto di un goal, realizzato del centrattacco Diba. Nella ripresa Frignani segnò il goal del pareggio e Muccinelli firmò quello della vittoria. In totale Muccinelli vestì 11 volte la maglia azzurra, realizzando 4 goals. Di lui disse una volta Boniperti: «Quando giocavamo in casa, la sua domenica sera era già stabilita: cascasse il mondo, andava al night di via Saluzzo dove, lui che era un tappo, ballava esclusivamente con ragazze altissime. C’era da divertirsi soltanto a guardarlo. Il conto lo faceva mandare sempre allo stesso indirizzo: “Giovanni Agnelli, corso Matteotti”. Il segretario dell’Avvocato quando si trovava tra le mani quelle note spesa chiedeva preoccupato: “Cosa dobbiamo fare?” “Ah, è quel puttaniere di Muccinelli!” commentava l’Avvocato. E saldava».
Il ricordo di Gianni Giacone, su “Hurrà Juventus” del novembre/dicembre 1994: Con Ermes Muccinelli è scomparso lo scorso tre novembre uno dei campioni simbolo di una Juve tra le più belle e più grandi di sempre, quella capace di riconquistare il vertice del nostro calcio dopo anni difficili e vincere gli scudetti del 1950 e del 1952, con il fragore del tuono e la dolcezza di un assolo di violino. Piccolo, grande Muccinelli: appena un metro e sessantatre per sessanta chili di peso forma, ma tutto nervi e poesia al servizio di uno scatto proditorio e di un dribbling fiabesco. Il suo curriculum parla di 241 presenze e 69 goals fatti, ma le statistiche non dicono quanti questo romagnolo, con tutti gli slanci, i pregi ed i difetti della sua gente, ne abbia fatti fare a Boniperti, John Hansen e Praest, suoi degni compagni di una stagione felice e pure spensierata. Muccinelli era poesia, profilino di un calcio ancora romantico ancorché quasi professionale, l’ala destra tascabile per antonomasia: mai si era visto uno come lui, capace di gabbare stuoli di terzini con tinta e scatto, contro scatto e contro finta, fino a creare sconquassi nelle difese più abbottonate. Debutta diciannovenne, nel 1946-47, e subito i tifosi lo notano, lo adottano. È un beniamino prima ancora di rivelarsi un campione. A venti anni è già titolare fisso. A ventitre la Nazionale gli fa spazio e l’esordio è fragoroso. A Bologna, il 5 marzo del 1950, contro il Belgio, segna due goals. Sì, è arrivato all’apice. Il 1950 è il suo anno magico. conquista anche il suo primo scudetto, incorniciato da 34 partite e 13 goals. E chi lo ferma più? In realtà. Muccinelli si concede qualche pausa, si gode la fama meritata e talvolta è come se non ci fosse. Il romagnolo, tanto simpatico alle fanciulle quanto inviso ai difensori grandi e grossi, che se lo vedono scappare da ogni parte, non è sempre al massimo. Ma chi lo è in quella Juve di rodomonte capace di segnare cataste di reti anche solo trotterellando? Fa in tempo a vincere un secondo scudetto, nel 1952, con 17 reti in 30 partite, e partecipare nel 1954 al suo secondo Mondiale, in Svizzera: ha dato il meglio di sé, quando nell’estate del 1955 lascia la Juve per chiudere la carriera nella Lazio. Una generazione di tifosi juventini lo ricorda con immenso affetto e con la riconoscenza che si deve a chi, con il suo infinito campionario di mosse e mossette, ha regalato momenti di spettacolo spensierato. in un’epoca di calcio danzato
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