Tutte le partite ufficiali della stagione |
G. |
Pti |
Vit |
Par |
Sco |
Fat |
Sub |
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9 |
16 |
4 |
4 |
1 |
12 |
5 |
C |
7 |
15 |
4 |
3 |
0 |
16 |
7 |
F |
0 |
0 |
0 |
0 |
0 |
0 |
0 |
N |
16 |
31 |
8 |
7 |
1 |
28 |
12 |
T |
La Juventus dal 1900 ad oggi |
Gare ufficiali |
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Serie A |
4.579 |
Giocate |
3.088 |
2.508 (54,77%) |
Vittorie |
1.699 (55,02%) |
1.172 (25,60%) |
Pareggi |
836 (27,07%) |
899 (19,63%) |
Sconfitte |
553 (17,91%) |
8.194 |
Fatti |
5.378 |
4.459 |
Subiti |
2.910 |
C. Europee |
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Era 3 pti (uff.) |
512 |
Giocate |
1.557 |
281 (54,88%) |
Vittorie |
927 (59,54%) |
113 (22,07%) |
Pareggi |
369 (23,70%) |
118 (23,05%) |
Sconfitte |
261 (16,76%) |
871 |
Fatti |
2.737 |
472 |
Subiti |
1.378 |
Tutti i numeri della Juventus |
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Pubblicato il 15.06.2010
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Michael Laudrup
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di Bidescu
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Quando arriva alla Lazio, “Michelino” è già famoso, perché ha il marchio della Juventus addosso; per questo motivo i tifosi biancoazzurri credono di aver trovato il giocatore capace di rinverdire i fasti della squadra che aveva vinto, qualche anno prima, lo scudetto. Questa enorme attesa non agevola l’ambientamento di Laudrup: è subito sotto gli occhi di tutti che è in possesso di qualità incredibili, soprattutto nel controllare e nel calciare la palla, ma è altrettanto evidente che le sue caratteristiche tecniche e soprattutto la sua giovane età difficilmente gli avrebbero consentito di esprimersi ed emergere in una squadra come la Lazio, che è costretta a lottare per non retrocedere e, quindi, ad usare la spada molto più che il fioretto ed ad affidarsi alla difesa, spesso ad oltranza, molto più che all’attacco. Nonostante il carisma di Chinaglia e l’arrivo di Batista, un altro straniero che avrebbe incontrato problemi ancora più grossi di “Michelino”, i pessimi risultati trasformano, sin dalle prime battute, in una battaglia per la salvezza un campionato che era stato annunciato addirittura da Coppa Uefa. “Michelino” conosce le angosce delle sconfitte in serie, i traumi dei cambi a ripetizione dell’allenatore; le “fughe” da “Tor di Quinto”, il campo di allenamento della Lazio, con la protezione della polizia contro gli eccessi dei tifosi delusi; i lunghi ritiri lontano dalla capitale in un paesino dove ci si allena solamente, si risponde alle domande dei giornalisti e si gioca a carte con i compagni. In quei due anni romani, Laudrup ha problemi anche con gli allenatori: Carosi, lo schiera solo per non irritare una parte della stampa e lo obbliga a rientri difensivi che non fanno parte del repertorio del danese, esponendolo, inevitabilmente, a prestazioni deludenti ed a figuracce. Dopo Carosi, arriva Lorenzo, l’argentino di ferro, legato ad un vecchio calcio che il povero “Michelino” non ha mai sentito parlare. È costretto ad imparare cosa può la superstizione nel modo del calcio e come, per fare punti, il tecnico possa imporre concetti ed insegnamenti che litigano con la più elementare etica di questo gioco. Laudrup non riesce ad adeguarsi a tutto questo ed, inevitabilmente, anche la sua seconda stagione romana è deludente e si conclude con la mortificazione estrema della retrocessione in serie B. Il passaggio alla Juventus, è, quindi, indolore: lascia, tuttavia, una schiera di nostalgici che vedono in Laudrup il fautore del bel calcio e dello spettacolo. “Michelino”, in bianconero, sorprende tutti: Trapattoni riesce, in poco tempo, ad assemblare una squadra rinnovata in tanti pezzi, anche fondamentali; il Laudrup della Lazio, senza nerbo e carattere, regolarmente inutile in trasferta e bravo, soprattutto, a segnare dei goals, anche belli, ma quasi sempre a risultato già acquisito, diventa subito il “Principe di Danimarca” proprio per la sua capacità di essere spesso determinante e la sua qualità è comunque altissima; goals come quelli segnati a Tokyo, quando, con una giocata impossibile, permette alla Juventus di andare ai supplementari di una finale Intercontinentale che avrebbe poi vinto ai rigori, sono destinati a restare nel tempo e nella memoria dei tifosi. Quando è in giornata, Laudrup è un giocatore immarcabile: i primi tre passi sono qualcosa di unico, con la palla tra i piedi non perde velocità, capace di saltare chiunque: La sua finta di corpo è micidiale, il tiro, quando ci prova, è notevole, la tecnica è sopraffina, è in possesso di una grande intelligenza calcistica. Insomma, ha tutte le caratteristiche per diventare un grandissimo, ma ha dei grandissimi limiti caratteriali. Esemplificativa, in tal senso è la frase di Platini: «Laudrup ??? È il miglior giocatore del mondo, in allenamento». Definizione straordinariamente sintetica, che racchiude tutto; Michael sarebbe stato, semplicemente, il migliore del mondo se non ci fosse stata la competizione agonistica. Purtroppo, per “Michelino” e per tutti i tifosi, la Juventus è alla fine di un ciclo: arriva Marchesi che predilige il calcio difensivo ed obbliga spesso Laudrup a compiti di copertura. “Michelino” alterna grandi giocate a prestazione imbarazzanti e così preferisce emigrare in Spagna, dove, con il Barcelona e con il Real Madrid, ritornerà ad esprimersi a livelli altissimi, conquistando subito i tifosi.
Così lo descrive Caminiti: «La bazza non è sufficiente. A fare un uomo coraggioso non basta il mento più sviluppato; semmai fa un uomo pensieroso, un uomo senza angosce, un eterno idillio col tempo e con la vita, fa insomma Michael Laudrup. La Juventus lo seguiva da tempo, poi il ragazzo s’era accasato alla Lazio, e qui erano sembrate luccicare di viva luce tutte le qualità intrinseche del suo gioco, quell’allungo in progressione irresistibile, quei cross vellutati, quei goals al bacio. Non si può dire che non abbia lasciato segno del suo passaggio alla Juventus, e peranco schiere di ammiratori; ma si deve aggiungere, francamente, senza convincere mai in assoluto sulle sue doti, soprattutto sul nerbo del suo impegno virile, sempre distratto da mille cose, od evasivo in campo, o sbaragliato al primo tackle arcigno; un giocatore con sì tante doti, da sembrare Bronée redivivo ancora più splendido, comincia a divenire il cruccio del gran presidente Boniperti. Laudrup vive giornate superbe alternate a deludenti manfrine; in Nazionale sembra più continuo e più disposto al sacrificio. Ciò non toglie che uno scudetto si leghi anche al suo apporto e ai suoi goal fantasiosi, e che lasci un vivido ricordo di sé per la lussuosa prestazione di Tokyo, dove la Juventus corona il suo inseguimento al record dei primati, e Michael, “Michelino” come lo chiamano in Italia, gioca una partita entusiasmante con un goal entusiasmante. Giocatore dal repertorio scintillante, ha lasciato nella Juventus il ricordo di un professionista squisito, di una persona amabile, di un giovane ricco di virtù morali. Davvero un campione emblematico di ogni finezza».
http://ilpalloneracconta.blogspot.com/
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