Al termine del girone d’andata, a commento di Juventus – Milan, ebbi modo di scrivere quanto segue:
“Ero tentato di lasciare la pagina del commento in bianco, in segno di protesta e di civile contestazione verso dirigenza, allenatore e giocatori scesi in campo (si fa per dire) a disonorare la maglia della Juventus contro un Milan che, a mia memoria, è uno di quelli meno forti e convincenti dell’ultimo decennio. Ma forse il non scrivere nulla è probabilmente un atto di generosità che questi signori non meritano. Ed allora ritengo necessario scrivere che la figuraccia di ieri sera è di quelle che impone il punto e basta di un periodo ormai troppo lungo, nel quale, a tutti i livelli, ha prevalso l’inettitudine, l’improvvisazione, l’assenza di idee forti e di autorevolezza di proprietà dirigenza e di allenatore, con la conseguenza che chi va in campo, dimentica di indossare la maglia della squadra più gloriosa d’Italia, con la più ampia tifoseria, che ama talmente quella maglia da avere atteso anche troppo il ritorno di una Juve vincente, e che nonostante tutto si limita a contestazioni tutto sommato ancora civili, ben diverse da quelle di altre tifoserie che fanno temere per l’ordine pubblico.”
Secondo voi, in un intero girone di campionato, è cambiato qualcosa? Niente, proprio niente, anzi quel briciolo di dignità che ogni tanto ha fatto capolino nelle prestazioni della squadra (ma molto di rado), è letteralmente scomparso, per consentire in questo modo a Leonardo di congedarsi nel modo migliore dal Milan e dalla tifoseria rossonera. Insomma abbiamo chiuso facendo solo da zerbino per una passerella d’onore degli avversari. Ad ogni modo finalmente possiamo dire che è finita la peggiore stagione bianconera degli ultimi 50 anni, degno epilogo di una gestione vergognosa della società, iniziata da una non difesa in un processo farsa, proseguita nello smantellamento progressivo di quelle caratteristiche che avevano reso grande la Juventus, e finita con la totale offesa di centodieci anni di storia e di 14 milioni di tifosi, costretti a vergognarsi di tifare per quei colori che di fatto oggi non esistono e da quattro anni non sono esistiti, sostituiti indegnamente da una parodia di società e squadra di calcio che ne ha usurpato indegnamente il nome. Dunque non chiedetemi di parlare di una partita, quella del Meazza contro il Milan, dato che in campo non è mai scesa una squadra che in qualche modo potesse ricordarmi la mia squadra, la nostra squadra del cuore.
Tirando le somme
Il 15 maggio 2006, ossia il giorno dopo la conquista del ventinovesimo scudetto, è iniziata l’era della dejuventinizzazione della Juventus, con una gestione societaria che, a dispetto della storia bianconera, che non era solo quella del periodo della Triade, ma anche quella precedente, ha di fatto depauperato tutto il patrimonio di forza e credibilità acquisito nella sua storia: dalla non difesa nel processo, alla accettazione della B, come inizio, fino alla stagione disastrosa appena terminata. La serie B era stata, per così dire “accettata”, nella speranza che chiusa questa pagina, la dirigenza poteva davvero riportare la squadra ai fasti passati, e del resto era il loro obiettivo, dimostrare che era possibile un altro modo di gestire una società di calcio gloriosa come la Juventus, e che si potesse vincere senza utilizzare i cosiddetti metodi Moggi e della Triade. I tre anni di serie A li ricordiamo bene, e soprattutto ricordiamo come era iniziata questa stagione, con proclami di vittoria, al punto che dopo tre anni è stato pensionato Cobolli Gigli, per dare spazio a Blanc, nella quasi certezza di dovere essere il presidente del ritorno alla vittoria. Ed invece monsieur Blanc, uno e trino in quanto presidente, amministratore delegato e direttore generale, passerà alla storia come il presidente della stagione più fallimentare dei bianconeri, al pari del nume tutelare di questi quattro anni, Luca Cordero di Montezemolo, presidente della indimenticata (in negativo) Juventus della stagione 1990 – ’91. Non credo sia un caso, a questo punto, che proprio quando è di fatto uscito dalla gestione, o meglio dalla tutela, del gruppo di famiglia (Exor – Fiat), Montezemolo, puntualmente è arrivato il richiamo di Andrea Agnelli al vertice della società bianconera, dato che come sappiamo tutti bene, Montezemolo era ed è un alleato di ferro di Marco Tronchetti Provera, vero padrone di fatto dell’Inter, personaggio al centro del più grande scandalo della storia italiana, del quale si parla solo sommessamente e con parecchia circospezione, e che invece dovrebbe avere maggiore risalto nei media, ma a quanto pare conviene a tanti non parlarne. Domenica sera, nella trasmissione Report di rai 3, è andato in onda un interessantissimo servizio a proposito di questo scandalo dei dossier illegali Telecom, (http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-14f36884-c6b2-459c-a9cf-d3aba7127c4f.html, minuto 41,40 e seguenti), e qualcosa mi dice che dentro questo scandalo ci stanno tutte le chiavi di lettura di tanti accadimenti odierni, ed in particolare la vicenda calciopoli, la gestione societaria bianconera fino a ieri, i quattro anni di Federcalcio e Lega praticamente sotto controllo di una sola società, l’Inter, l’appiattimento del gruppo editoriale RCS, su posizioni filo interiste anche laddove tali posizioni appaiono palesemente assurde o false, la stessa doppiezza de La Repubblica, giustizialista in politica, quando indulgenti sta (solo oggi guarda caso) sulle novità emergenti dal processo di Napoli, che riguardano proprio l’Inter. Io credo che non torneremo a vedere calcio serio e pulito in Italia fino a quando i misteri dei dossier illegali Telecom non verranno davvero svelati, e soprattutto fino a quando Tronchetti Provera sarà in giro e non indagato come invero dovrebbe essere. Ma non posso non plaudire intanto alla svolta societaria che inizia oggi, lunedì 17 maggio 2010, con il ritorno di un Agnelli alla guida della società bianconera. Certo, c’è già qualche mugugno, ci si aspettava Benitez, invece arriverà Del Neri, ma in compenso avremo finalmente un Direttore Generale degno di questo nome, quel Marotta che ha trasformato una società praticamente decaduta dopo i fasti degli anni di Mantovani, in una società nuovamente competitiva, come conferma il quarto posto e la qualificazione in CL della squadra blucerchiata. Francamente penso che, dopo questi anni sprecati nel nome di una gestione all’insegna della cosiddetta “operazione simpatia”, ma caratterizzati dal totale vuoto di idee e di programmi seri, sia più importante ripartire con idee, con progetti percorribili, con la ricostruzione di una squadra e di una società che invero non esistono più. La disfatta milanese, quindicesima in campionato, mostra brutalmente il dissolvimento di un gruppo, pochissimi possono essere quelli che davvero meritano la riconferma e su cui potrà rifondarsi una grande squadra, Chiellini, Marchisio, Iaquinta, forse qualche altro, che so, Caceres, Candreva; si doveva e poteva pensare in tempo alla sostituzione di Nedved, non si è fatto nulla, si doveva e poteva pensare in tempo a preparare l’addio a Del Piero, quando ancora, a 36 anni, è stato spesso il giocatore decisivo, e la cosa non è certo un complimento a lui ma una accusa al resto della squadra, se deve essere il più anziano a tirare la carretta, significa che gli altri non sono adeguati affatto al compito di vestire la maglia bianconera. Magari sarà ipotizzabile mantenere altri giocatori in organico, sperare nel riscatto di gente come Sissoko o Felipe Melo, o che Diego, pagato lo scotto del primo anno, e magari desideroso di rivincite personali, possa meglio rendere in avvenire. Ma come è facile comprendere, c’è davvero molto da ricostruire e non è detto che i risultati possano arrivare immediatamente. Avremo però la certezza che finalmente la Juventus ha una vera dirigenza, cosa che in questi anni è del tutto mancata. E non è poco.
Le mie postille.
1 – Signori si nasce … Ma all’Inter, modestamente, non lo “nacquero”, per parafrasare il grande Totò. Che non fossero “Signori”, lo sapevamo già, specie da quando è presidente il signor (chiamiamolo così) Moratti Massimo, distintosi per un decennio di comportamenti biasimevoli, puntualmente coperti da una stampa prona a lui come ostile ad altri per molto meno. E la cosa non è cambiata neppure adesso che sono diventati vincenti in un calcio gestito in maniera privatistico – aziendale, da uomini tutti dediti al potere del gruppo Telecom – Tim, gruppo che non sarà più controllato da Tronchetti Provera, ma che non ha perduto affatto i legami con questo clan del malaffare calcistico. Basti vedere i comportamenti attuali, pur avendo vinto l’ennesimo scudetto finto della loro storia: Oriali (si proprio lui, il pregiudicato per ricettazione e falso), che polemizza con Mezzaroma, presidente del Siena, colpevole solo di invitare i propri giocatori a fare il loro dovere; la squadra che sfila su un pullman esibendo uno striscione offensivo verso Totti, come qualche anno addietro fece nei confronti di Ambrosini; Moratti stesso che a Siena davanti ai suoi tifosi ripete il gesto delle manette (chi sa, forse un lapsus del subconscio …), e poi che dichiara “l’Inter ha vinto contro tutti e contro tutto”, e sarebbe da capire chi sono i “tutti e tutto”, contro cui ha dovuto lottare. Non certo il procuratore Federale Palazzi, che pur sapendo della trattativa illegale tra lui e Preziosi per Milito e Thiago Motta, non ha aperto a distanza di un anno procedimento disciplinare, come invece fece per Alessio Secco, o ha fatto da ultimo per Menarini; non certo il presidente federale Abete, che pur a conoscenza delle nuove intercettazioni emerse a Napoli, si erige a garantista, ed invece di sollecitare l’apertura di una indagine seria, dice che occorre attendere gli sviluppi del processo di Napoli, quando nessuno quattro anni addietro disse lo stesso, con la Juventus di mezzo. Non certo Kollina, designatore a comando, che all’Inter ha sempre dato arbitri quantomeno non ostili, soprattutto nei momenti difficili della stagione, tanto da mandare Morganti, il più “interista” di tutti, a Siena, o D’Amato nella gara contro la Juve, per lasciarla in 10 già prima dell’intervallo. Non certo la stampa, il fogliaccio rosa è ormai diventato organo ufficiale dei nerazzurri, il gruppo RCS è uscito allo scoperto, e dopo anni di servilismo più o meno evidente, adesso è ufficialmente diventato partner dei nerazzurri; la stampa romana, storicamente polemica contro tutto e tutti, è stranamente docile con l’Inter, a cominciare dal Corriere dello Sport, dei Vocalelli e Ferrajolo (più anti juventini che filo romanisti), a proseguire con La Repubblica, la cui redazione sportiva è guidata dall’interista Gianni Mura; non certo le televisioni, quella pubblica piena di opinion-interisti (Mazzola, Collovati, Bagni, Civoli etc.), a quelle private, Mediaset zerbino dei nerazzurri nonostante sia del gruppo proprietario del Milan, Sky che sembra Inter Channel, basti solo pensare alla coppia Caressa – Bergomi e a certe telecronache che farebbero impallidire lo stesso Scarpini. Allora chi sono i “tutti e tutto”, di cui parla Moratti? Forse una risposta c’è, e l’ha data l’ineffabile ministro della Difesa, La Russa Ignazio, quando ieri sera ha definito “vergognoso”, il comportamento del Siena che, pur da retrocesso, ha comunque voluto onorare il calcio e lo sport, giocando in modo leale ed impegnandosi fino alla fine contro i nerazzurri. Insomma, secondo il ministro – tifoso, è vergognoso che una squadra osi giocare contro l’Inter … impegnandosi! Come dire, secondo l’opinione interista – morattiana, è lesa maestà giocare contro i nerazzurri per provare a vincere o comunque fare risultato, e questo spiega la frase di Moratti: evidentemente nel calcio cartonato del dopo Guido Rossi, si pretenderebbe di avere avversari remissivi come la Lazio di qualche settimana addietro. Signori, i vincenti di oggi sono lo specchio del Nuovo Calcio Organizzato, nato a Napoli da una indagine ridicola, e predisposto da quel commissario Telecom-interista che calpestando norme e leggi, ha distrutto (non da solo, ammettiamolo), chi vinceva davvero sul campo, per consentire ai perdenti cronici di poter vincere qualcosa. Dunque non meravigliamoci di questi comportamenti.
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