Inutile pareggio dei bianconeri nella difficile trasferta di Catania, che di fatto segna l’addio matematico ad ogni speranza di quarto posto, oltre che un posto in Europa League ma con l’handicap del turno preliminare, salvo colpi di fortuna nei prossimi 180 minuti di fine campionato. Direi che è stata la solita ormai ripetitiva prestazione dei bianconeri fuori casa in questo finale di stagione, che anche quando non demeriterebbero più di tanto, alla resa dei conti pungono poco e si mostrano vulnerabili anche contro formazioni come quella etnea che pensava soprattutto a non perdere per conquistare almeno quel punto che, a fine gara, avrebbe comportato per loro la matematica salvezza, alla luce del contemporaneo pareggio tra Atalanta e Bologna. E così, dopo il treno dell’Europa che conta, si rischia pure di entrare nell’Europa di secondo livello dal turno preliminare, insomma la cosa peggiore per programmare una stagione di riscatto: ma alla luce delle prestazioni complessiva stagionali, non posso che rilevare che ce lo saremmo meritato ampiamente questo risultato deludente. Anche stavolta non parlerò degli aspetti tecnici della gara, positivi o negativi, eppure mi verrebbe da dire che la stagione bianconera, forse, con gente come Maxi Lopez (sicuramente la bella copia dell’evanescente Amauri di quest’anno) o Martinez (ieri assente, ma giocatore che vedrei bene in bianconero), forse si poteva arrivare più in alto.
Sul podio
Marchisio Sta chiudendo al meglio una stagione altalenante, che lo ha visto grande protagonista all’inizio, poi a corrente alternata, anche a causa di infortuni. Lucido negli inserimenti offensivi e nel gestire il possesso palla, si è fatto valere anche in interdizione e nel raddoppiare sui portatori di palla avversari. Come dire si sta avviando alla maturità tecnico – tattica. Piccola notazione, è la prima volta che segna e la Juventus non vince, anche se i suoi gol si rivelano decisivi, quantomeno non si è perso nuovamente fuori casa.
Buffon Decisivo nel finale di gara su Maxi Lopez, ma anche nel primo tempo qualche intervento provvidenziale, sul gol in fondo mezzo miracolo l’aveva compiuto, sono stati altri a dormire nel rinvio.
Per il resto, non è che gli altri abbiano proprio demeritato, diciamo una sufficienza stiracchiata in generale, citerei solo Chiellini, che ha avuto il suo gran da fare con il sopra citato Maxi Lopez, duello finito senza vincitori (o vinti, fate voi), Iaquinta, come solito il più generoso in avanti, e lo stesso Del Piero, che era stato l’attaccante più insidioso nel primo tempo, anche se protagonista di un erroraccio da principiante, e sostituito non si capisce il perché.
Dietro la lavagna
Diciamo che ancora una volta si sono distinti tra i più deludenti, i soliti Amauri, Zebina, Felipe Melo stesso, ma ormai non fa più notizia. E lo stesso Zaccheroni. La stagione è quasi alla fine, ormai credo si sia reso conto che la sua avventura in bianconero è finita, e dunque non sembra avere molti stimoli. Non ha mostrato coraggio quando ad inizio ripresa ha sostituito Del Piero con Amauri, per non squilibrare la squadra, quando, alla luce dei risultati (Samp, Palermo e Napoli in vantaggio) ormai i bianconeri, non avendo più nulla da perdere, avrebbero dovuto osare di più, per cercare non solo di impattare, ma di far propria l’intera posta.. Insomma, attenuanti tante, ma lui ci mette del suo.
Tirando le somme
A questo punto della stagione, e con gli obiettivi principali falliti, ritengo del tutto secondario il fatto che il traguardo consolatorio (si fa per dire), dell’Europa League, lo si conquisti con il sesto o il settimo posto, e dunque con la disputa del turno preliminare o meno. Del resto, la stagione è questa, ammettiamolo: è l’annata peggiore sul piano difensivo, nessun attaccante bianconero in doppia cifra di reti fatte, tredici sconfitte su 36 gare, un terzo del campionato, 68 infortuni, ma un gioco spesso approssimativo, eccettuate le prime gare stagionali e qualche acuto di tanto in tanto; siamo in svantaggio, nei confronti diretti, con tutte le concorrenti per il quarto posto, perso definitivamente, o per l’Europa League, con lo stesso Catania abbiamo conquistato un punto su sei e, se la memoria non mi inganna, forse siamo in vantaggio nel doppio confronto solo con le ultime della classifica (Lazio, Bologna, Atalanta, Siena, Livorno) e Fiorentina, e con nessuna di esse abbiamo conseguito la doppia vittoria andata e ritorno. Come dire, questa piazza che la Juventus occupa in classifica è lo specchio reale del valore espresso dalla squadra, e dunque non è più problema di Ferrara prima, di Zaccheroni poi, ma di evidenti errori progettuali, aggravati da situazioni anche sfortunate (infortuni, episodi contrari) durante il campionato. Dunque vediamo questa gara, come pure le prossime due, come l’atto finale di una vicenda societaria e calcistica che è arrivata al capolinea, per cui arrivare sesti o settimi conta davvero poco, mentre conta molto di più cosa verrà fatto per l’avvenire. E da questo lato mi pare che le notizie sono decisamente rosee, anche se andranno verificate, come al solito, alla resa dei conti. Sta emergendo il nuovo assetto societario, che come auspicavo da tempo, vede un profondo stravolgimento degli assetti passati, in particolare con l’annunciato arrivo alla presidenza di Andrea Agnelli, e l’ormai quasi certo arrivo di Marotta quale Direttore Generale, e Rafa Benitez alla guida tecnica della squadra. Come dire, si comincia a pensare in grande. Andrea Agnelli era il presidente che ormai da tempo invocava la tifoseria, adesso finalmente è arrivato (anche se formalmente lo sarà solo dal primo luglio prossimo). E’ il nome che significa per tutti, tifosi juventini e non, Juventus, fin dal 1923, da quando il nonno Edoardo assunse la guida della squadra bianconera: è il nome che ha significato grandi vittorie e grandi campioni, a cominciare da Hirzer, Munerati, il trio Combi, Rosetta, Caligaris, Monti, Orsi; poi, con l’Avvocato, Boniperti, John Hansen, Praest, Parola; quindi con il Dottor Umberto, Sivori, Charles, la conquista della prima stella d’oro; insomma la grande Storia della Juventus è stata accompagnata dal nome Agnelli, e questo penso basti per ridare entusiasmo ad una tifoseria che ormai ha perso ogni fiducia verso la dirigenza attuale e la squadra attuale. Basti pensare, per dirne una sola, che questa (permettetemi il richiamo personale), è la prima volta che non vado a vedere di persona la Juventus a Catania, quando in passato l’ho seguita pure nelle amichevoli estive disputate alle falde dell’Etna. Ragion per cui plaudo alle parole di insediamento del futuro presidente bianconero, sobrie come da tradizione, ma chiare: a cominciare da una diversa e più efficiente organizzazione societaria. Che infatti, vedrà finalmente compiti e poteri specifici per ogni componente, e soprattutto grande bagaglio di esperienze acquisite nel mondo del calcio. Beppe Marotta è l’uomo che ha costruito il nuovo miracolo Sampdoria, con una gestione oculata, intelligente e lungimirante; Rafa Benitez è sicuramente quanto di meglio possa offrire il panorama internazionale come allenatori vincenti e carismatici. Dunque, la nuova Juve è finalmente ripartita, le ultime gare stagionali, viviamole solo come epilogo del passato.
Le mie postille
1 – primo congresso del “Partito Dell’Amore”. Tranquilli, nessun riferimento politico alle vicende attuali extra calcistici, ma la constatazione che ieri sera, allo Stadio Olimpico di Roma, si è celebrato il primo congresso nazionale del “Partito Dell’Amore”, del calcio italiano. Tifoserie gemellate, al punto di avere gli stessi gagliardetti, le sciarpe in comune, gli stessi canti e cori di tifo, gli stessi desideri di risultato finale, ossia la vittoria della squadra dell’amore, in odio alla bieca squadra dell’altra città della Capitale, invito unanime di tutto lo stadio ai giocatori aventi una divisa bianca e azzurra a “scansarsi”, per far passare i tutori dell’amore in nerazzurro. Mancava solo un inno “meno male che l’Inter c’è” e saremmo stati al completo. Per carità, in sostituzione dell’inno comune c’è stato lo striscione in onore all’allenatore della squadra dei tutori dell’amore, novelli Cavalieri del ventunesimo secolo, ed è la prima volta, a mia memoria, che una tifoseria inneggia all’allenatore di una squadra avversaria, addirittura la squadra contro cui stanno giocando quelli che indossano la divisa della squadra per cui tifano quei signori che espongono quello striscione. Insomma si è ripetuta la stessa coreografia del 5 maggio 2002, ma stavolta, visto il precedente, hanno saputo organizzarla meglio la cosa. Anche perché in campo non c’era gente che aveva grande orgoglio e dignità come Poborsky, Simeone, Nesta, Cesar, e così via. Bello, davvero bello il Nuovo Calcio Organizzato (NCO per chi ha buona memoria è una sigla che ha il suo significato), costruito da Giuda Rossi e discepoli, calcio nel quale una sola vince e le altre debbono solo concorrere: adesso siamo arrivati anche al grottesco di uno stadio unificato, di una squadra che finge di giocare, e di una Federcalcio che ancora una volta sta a guardare.
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