Una sconfitta annunciata e concretizzatasi in un modo forse diverso da come si poteva immaginare, e con qualche attenuante, derivante dall’inferiorità numerica e da qualche episodio decisamente sfortunato: questa può essere la sintesi di commento al cosiddetto “derby d’Italia”, che quasi certamente segna l’addio per i bianconeri ad ogni speranza di piazzamento CL. Gara certamente segnata da una direzione arbitrale molto approssimativa, da parte di Damato, arbitro che nella migliore delle ipotesi non porta bene ai colori bianconeri, per non parlarsi di manifesta ostilità verso questi colori; ma è evidente che un arbitraggio “infelice”, non può essere l’unica giustificazione per il risultato negativo, anche se maturato solo nel finale e grazie ad una giocata un po’ casuale, dopo almeno un paio di clamorose occasioni fallite dai nerazzurri. A questa sconfitta hanno contribuito anche altre situazioni, errori di scelte nella formazione e nelle sostituzioni, impatto non proprio ottimale sulla gara da parte di qualche giocatore che non ha vissuto certi antefatti e quindi non capisce cosa significa per la tifoseria juventina questa gara. Adesso però sappiamo che il fallimento stagionale è totale, inappellabile, per cui deve immediatamente partire la ricostruzione, totale, di squadra e società.
Sul podio
Cannavaro Evidentemente comincia a sentire aria di “mondiali” e si rende conto che per riconfermarsi in Nazionale, deve compiere quel salto di qualità che purtroppo noi tifosi juventini abbiamo atteso per una stagione intera. Ma contro i nerazzurri saranno pure prevalse motivazioni psicologiche, antichi rancori, e dunque il nostro centrale ha dato proprio tutto, insomma la sconfitta non è certo dipesa dalla sua prestazione.
Per il resto, pochi possono ritenersi davvero sufficienti come rendimento, diciamo Buffon, autore di alcuni interventi ottimi e incolpevole sui gol, Chiellini, Poulsen e lo stesso Felipe Melo, che almeno ha avuto la freddezza di non farsi ammonire una seconda volta.
Dietro la lavagna
Tutti gli altri sono stati ben lontani da un rendimento accettabile, in considerazione del valore della partita, soprattutto per noi tifosi. In particolare ritengo che stavolta abbia davvero toppato alla grande Zaccheroni. Finora ho mantenuto, come dire, “sub iudice” la valutazione su di lui ad essere una guida valida per la Juventus, dandogli spesso le attenuanti di avere trovato una situazione disastrata, e ulteriormente aggravata dagli infortuni. In questa gara a mio giudizio ha dimostrato di non essere, attualmente, allenatore da Juventus, pur non avendo sbagliato la formazione iniziale, e la tattica, tanto che per quasi tutto il primo tempo l’Inter non è che avesse avuto grosse occasioni, e bene o male le squadre si erano equivalse. Ma non è questo il punto. Dopo il 2006, questa gara, definita “derby d’Italia”, non è più una gara, che come un derby o uno scontro di vertice, ha solo motivazioni tecnico – tattiche e di tensione psicologica: è diventata questa la gara delle motivazioni prettamente extracalcistiche, nelle quali soprattutto chi ha vissuto quella sciagurata estate con i colori bianconeri, e l’anno della B, ha tutte le motivazioni per prendersi le giuste rivincite verso coloro che hanno letteralmente usurpato uno scudetto e che cantavano “vinciamo senza rubare”, coro diventato grottescamente ridicolo alla luce delle novità da Napoli. Pertanto, non solo non doveva essere sostituito Del Piero a fine primo tempo, ma in campo ci si doveva trovare pure Camoranesi, che con i nerazzurri ha sempre mantenuto una carica particolare e motivazioni forti. I vari Diego, Melo, Poulsen (gli ultimi due comunque non negativi come rendimento) non sanno bene mentalmente cosa significhi adesso questa gara, possono certamente dare il loro contributo più o meno valido, ma non battagliare come si deve nei momenti difficili. Inoltre, quel cambio nel finale, con l’ingresso di Salihamidzic, con la squadra in svantaggio, mi pare proprio il segno di resa finale. Ultima notazione: ma perché Candreva in tribuna?
Tirando le somme
Consentitemi di fare una volta tanto il “piangina”, e dunque di parlare intanto dell’arbitraggio, che ormai rientra nei canoni del calcio etico nerazzurro del dopo calciopoli. Cominciamo dal 6' del primo tempo: angolo dalla sinistra, l'arbitro interrompe l'azione e ammonisce Samuel, dalle immagini si vede una netta trattenuta su Chiellini, e dunque, essendo l'angolo battuto, doveva essere calcio di rigore; invece Damato fa ribattere l'angolo; 8' del primo tempo: a primo intervento falloso, Felipe Melo si becca il l’ammonizione, successivamente Thiago Motta dà una vistosa spinta a Sissoko, l'arbitro ammonisce entrambi, ed il cartellino al maliano sarà decisivo, e non c’è chi non veda che dopo soli otto minuti la Juventus aveva ammoniti i due centrali di interdizione; l'azione dell'espulsione di Sissoko scaturisce da un evidente gioco pericoloso di Zanetti su Diego, l'arbitro lascia correre; ripresa: angolo battuto sempre dalla sinistra, Cannavaro viene trattenuto nettamente per la maglia, nessuno vede, nemmeno i moviolisti; il gol nerazzurro nasce da una azione che l'assistente di linea, vicino all'azione, non giudica fallosa, assegnando l'angolo, mentre l'arbitro, a quasi 40 metri di distanza, giudica fallosa con cartellino giallo su Chiellini. Episodi che credo bastino per farmi dire che, a maglie invertite, se ne sarebbe parlato per decenni, magari con qualche pittoresco quotidiano sportivo in rosa a parlare di scandolo, o di “Juve non così” e via discorrendo. Purtroppo gli arbitri sono ormai opportunamente “ben predisposti” prima delle partite tra bianconeri e nerazzurri, c’è chi parla contro di noi di aree di rigore di 25 metri (piuttosto, nella giornata calcistica ci sono stati un paio di rigori per fallo fuori area di poco, nessuno però ha avuto di che ridire), quando invece nella propria area di rigore vige la cecità assoluta. Ma ripeto, queste sono solo valutazioni di ordine generale, su arbitraggi che ormai sono la conferma che il calcio pulito si basa su errori di buona fede a senso unico, quando nel passato errori molto meno gravi (come sta dimostrando il processo di Napoli), venivano considerati elementi per indagini addirittura in sede penale, e prove per presunte cupole che avrebbero manovrato il calcio italiano. Probabilmente la Juventus, questa Juventus priva di spina dorsale e di carica emotiva, avrebbe ugualmente perduto al Meazza, e diciamo pure che, nonostante Damato, aveva anche retto per oltre un’ora il confronto, pur con un pizzico di fortuna. Tuttavia nel calcio non si può sperare solo nella fortuna, e alla fine certi errori si pagano. Si pagano gli errori di scarsa capacità progettuale della dirigenza, che con presunzione e superficialità ha gestito la squadra in questi anni, ed ora deve addirittura vedere gli ex Montali e Ranieri sul punto di vincere uno scudetto ma altrove e non a Torino. E ribadisco sempre il mio punto di vista, non rimpiango Ranieri, se dovesse vincere lo scudetto, è solo demerito delle concorrenti, basti notare che, anche facendo l’en plein in queste ultime gare, la Roma vincerebbe lo scudetto ad una quota di punti, 83 al massimo, che sarebbe comunque la più bassa in assoluto da quando il campionato è a 20 squadre, un punto in meno dell’Inter della scorsa stagione, che nel finale ebbe un certo calo, con due sconfitte e qualche pareggio imprevisto: insomma una Juventus meglio costruita e meglio guidata poteva davvero dire la sua in questa stagione. Degli errori di gestione della gara ne ho parlato altrove, Zaccheroni non ha avuto il giusto impatto emotivo, magari tatticamente aveva disposto bene la squadra, ma queste sono partite che si giocano soprattutto con la testa e con le motivazioni interiori, e pertanto ritengo un grave errore avere tolto Del Piero e lasciato fuori Camoranesi. Vediamo quindi l’aspetto per così dire “positivo” che emerge anche da questa sconfitta, ossia questa Juve è al suo capolinea, ha praticamente perduto la qualificazione in CL, speriamo non entri neppure in Europa League, torneo che serve solo a logorare il gruppo, e non ha più la qualità della vecchia Coppa UEFA. E da questo punto di vista mi preoccupa meno, molto meno, l’avere perso contro l’Inter o il non qualificarsi per l’Europa: mi preoccupa di più la mancanza di idee nella dirigenza, anche se il silenzio di Blanc mi fa ben sperare, nel senso che forse la svolta societaria è davvero iniziata, svolta che deve partire proprio da un esautoramento o grande ridimensionamento del protagonista in negativo di questa situzione, ossia l’uno e trino che nel rivestire tutti i ruoli chiave della guida societària, ha dimostrato totale incapacità.
Le mie postille
1 – Gianfelice e l’onore del Padre.
"Qualche mese fa ti chiedevo un po' scherzando un po' sul serio come mai non riuscivamo ad avere un arbitro amico, tanto da sentirci almeno una volta protetti, e tu, con uno sguardo fra il dolce e il severo, mi rispondesti che questa cosa non potevo chiedertela, non ne eri capace." Con questo epitaffio, il 4 settembre 2006, Massimo Moratti, il noto galantuomo del calcio italiano, rendeva onore a Giacinto Facchetti, spentosi da poco. Oggi a distanza di quasi quattro anni, quell’epitaffio appare come la peggiore offesa che si poteva fare al defunto ex terzino ed ex dirigente della squadra milanese a strisce azzurre e nere. Lo è perché rientrava in quella ipocrisia morattiana, ben pompata dai media a libro paga e servizio permanente effettivo di supporto interista, secondo la quale la sua squadra era diversa dalle altre, era eticamente superiore, non faceva quello che faceva l’odiata Juventus dell’odiatissima Triade: oggi invece si viene a sapere che quella squadra faceva le stesse cose, per non dire peggiori ancora, rispetto a quello che facevano i presunti ladri del calcio. Sappiamo adesso che Facchetti concordava con Bergamo le griglie per i sorteggi, anzi chiedeva espressamente chi mettere, e veniva accontentato; che chiedeva addirittura a Mazzei di mettere in griglia arbitri “incompatibili” così da taroccare il sorteggio, che andava a cena da Bergamo come altri dirigenti, che parlava di regalini ai designatori, che invece altri non facevano, e così via. Bene, il figlio Gianfelice, ossia il querelatore di De Santis, colpevole di avere detto la verità, e cioè che suo padre gli telefonava, ancora una volta è uscito allo scoperto, minacciano tuoni e fulmini, addirittura pretendendo una scelta di campo da parte dei media in favore del padre defunto, e amenità del genere. Mi rendo conto che è decisamente brutto per chi ha propagandato l’impostura dell’Inter squadra onesta che vince senza rubare, dover prendere atto di una verità scomoda, che dimostra semplicemente che la società nerazzurra faceva le stesse cose di altri, per non dire ancora peggio (dobbiamo ancora appurare come finisce la vicenda “Tavaroli”, che ha accusato Moratti di avergli commissionato attività di spionaggio nei confronti di tesserati, arbitri e dirigenti di calcio); ma chi ha cattiva coscienza, dopo avere dato dei ladri e disonesti a quelli che facevano le stesse cose di Facchetti e Moratti, ora non sa come uscirsene e si arrampica sugli specchi, per cui si sentono le giustificazioni più amene, da quella davvero risibile di non parlarsi più di chi non è in vita, a quella dell’autodifesa da complotti altrui, fino a quella davvero ridicola si chi abbia nominato Collina nella conversazione tra Bergamo e Facchetti, quando è palesemente IRRILEVANTE CHI PRONUNCI IL NOME DI KOLLINA IN QUELLA TELEFONATA, MA E' RILEVANTE IL CONTENUTO, NEL SENSO CHE, MENTRE NELLA FAMOSA TELEFONATA DI MOGGI A BERGAMO, LA GRIGLIA CHE VIENE PENSATA, ALLA FINE NON VIENE REALIZZATA, NEL CASO DI FACCHETTI INVECE LA GRIGLIA E' ESATTAMENTE QUELLA CONCORDATA CON BERGAMO! E questo rende ancora più amaro il ricordo delle ragioni per cui la Juventus venne mandata in B, ossia telefonate meno rilevanti e gravi di quelle venute allo scoperto adesso.
2 – Le pie donne della carità L’altra cosa che rende singolare la vicenda calciopoli, come riemersa adesso dalle intercettazioni venute fuori grazie alla difesa di Moggi, non utilizzate dai P.M. pur avendole in mano (già … Narducci sosteneva che non esistevano telefonate tra Moratti e Bergamo, ricordate?), è il coro di buonisti e sostenitori del “mettiamoci una pietra sopra”, a distanza di quattro anni, quando invece a suo tempo erano tutti animati da eroico furore contro la Juventus e i suoi dirigenti. Eccettuato Garrone (presidente della Sampdoria), molti altri hanno preso parola per dire la loro, da Ghirardi del Parma, che auspica una soluzione “politica”, a de Laurentiis, che rimette in discussione la sua permanenza nel calcio (lui che prese il Napoli a prezzi stracciati, proprio grazie ad una operazione di dubbia legalità), a finire in quel pittoresco ex presidente del Venezia, poi manager dei della grande distribuzione, infine diventato presidente del Palermo, mentre ancora era proprietario del Venezia, deferito alla disciplinare e salvatosi non si sa come, proprio in quegli anni della cupola. Si, sto parlando di Zamparini Maurizio, che evidentemente avrà qualche affare in corso con Moratti, magari qualche lucrosa cessione di qualche giocatore rosanero, che potrebbe saltare in caso di processo alla società nerazzurra. Il nostro eroe del triveneto, diventato adesso eroe di Trinacria, ha preso parola per difendere la memoria di Facchetti, l’onore dell’Inter e di Moratti, scaricando ulteriori accuse su Moggi, naturalmente accuse verbali senza riscontri, il tutto mentre emergono anche telefonate di Foschi, all’epoca D.G. del “suo” Palermo. Mi piacciono questi difensori della moralità a senso unico nel calcio, forcaioli verso Moggi e la Juventus, indulgenti e buonisti verso gli altri, e mi piace soprattutto sapere che il calcio pulito odierno è in mano a questi personaggi, degni eredi di altri nemici della Juventus e della Triade. Personaggi, guarda caso, tutti accomunati, o quasi, da seri problemi fiscali e penali: Cragnotti, Tanzi, Cecchi Gori, Gazzoni Frascara, e non cito qualche altro che non c’è più, visto che dei morti non si deve parlare per non infangarne la memoria … Come dire: forse la migliore difesa di Moggi è l’elenco dei suoi nemici passati e presenti!
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