Se c’è una trasmissione, nelle varie televisioni italiane, che dimostra grande capacità ed efficienza nel confondere le idee e nel far comprendere ben poco ai telespettatori di una vicenda, che sia di cronaca, di politica o di sport, quella è Porta a Porta di Bruno Vespa. E così è stato pure mercoledì sera, nella puntata in cui ospite è stato Luciano Moggi: alla fine si è capito ben poco della vicenda personale di Moggi, molti aspetti sono stati ignorati e trascurati, anche per le costanti interruzioni fatte dagli ospiti in studio (alcune ad arte, come quelle di Italo Cucci, uno che di mestiere fa proprio il mistificatore televisivo), o i teatrini delle solite intercettazioni recitate, accompagnate da servizi nei quali si “canalizzava” la vicenda nei soliti schemi (ossia la cupola c’era, semmai i giudici di Roma non hanno capito granchè). Ad esempio, ancora una volta si è tentata la santificazione di un personaggio ambiguo e sicuramente con parecchi scheletri nell’armadio, quale il signor Gazzoni Frascara, ex presidente bancarottiere del Bologna, personaggio a cui mai vengono poste domande imbarazzanti, ed in particolare domande sul finale di stagione 1999 – 2000, guardacaso il Bologna, sconfitto in casa, in una gara “strana” dalla Lazio, penultima di campionato, venne invitato dalla Lazio per l’amichevole celebrativa dello scudetto, e contestualmente stracciò il contratto che lo legava per i diritti televisivi al gruppo Tele+, per cedere i propri diritti, a peso d’oro, al gruppo SDS, del quale era azionista importante proprio il padrone della Lazio, Cragnotti, e così ricevere laute prebende da Stream; o sul finale di stagione 2001 – 02, quando il Bologna, praticamente certo della qualificazione in CL, andò a perdere incredibilmente a Brescia, consentendo in questo modo al Milan di centrare il quarto posto e iniziare, da lì in avanti, l’epopea di vittorie e finali di CL. Certo, c’è voluto un “messaggio” cifrato di Moggi per calmare i bollori al “santificato” Gazzoni Frascara, (“prima con il Bologna c’era amicizia, si andava a pranzo tutti assieme, il figlio partecipava ai nostri stages, poi è successo qualcosa e quei rapporti si sono incrinati, non sappiamo il perché”), detto da Moggi in un modo tale da far capire all’interlocutore che aveva molte cose da dire su quei “rapporti incrinati” e sul perché, e non a caso da quel momento in avanti Gazzoni Frascara è rimasto praticamente in silenzio o quasi. Per ritornare invece al discorso che ci interessa di più, si è compreso ben poco, anche perché pochissimo spazio è stato dato a coloro che potevano chiarire correttamente sia la vicenda del processo GEA WORLD di Roma, sia la vicenda del prossimo processo di Napoli, anche se, nel suo brevissimo intervento, il prof. D’Onofrio ha chiarito definitivamente un aspetto importante, e cioè che, contrariamente a quanto sostengono i vari gazzettieri e mistificatori a mezzo stampa e televisione, ove il processo di Napoli dovesse avere esito favorevole per Moggi, non potrà non riaprirsi la questione del processo sportivo, e dunque la sentenza all’epoca emessa da CAF e Corte Federale, potrebbero essere revisionate. A parte questa importante puntualizzazione, a mio modo di vedere non è stato ben spiegato l’andamento del processo GEA WORLD, il significato reale della sentenza che ha demolito in buona sostanza il teorema accusatorio di una “associazione” finalizzata al condizionamento di squadre e di giocatori di serie A, per ottenere profitti illeciti personali e a favore di altre società calcistiche, dato che solo in questa ottica si spiega il coinvolgimento nel processo di Luciano Moggi, del tutto estraneo invero alla GEA. A volere comunque provare a “spiegare” i passi salienti della trasmissione, a mio giudizio Moggi è stato convincente quando ha raccontato fatti, meno invece quando ha provato a spiegare o a esprimere opinioni personali, cadendo in parte nella “provocazione” di alcuni ospiti che volevano appunto da Moggi la descrizione di un sistema calcistico torbido, per poter continuare nella impostura mediatica di calciopoli, e nell’equazione calciopoli = Juventus. Indubbiamente erano quelli anni nel quale il calcio era diventato una sorta di circo Barnum, dove si trovava di tutto, dove nessuno veniva seriamente sanzionato, dove si potevano falsificare bilanci, passaporti e quant’altro, e rimanere esenti da sanzioni anche gravi, dove si dilapidava denaro in modo sconsiderato perché tanto c’era chi pagava, ossia lo Stato (la sciagurata operazione Stream – SDS, conseguenza anche della privatizzazione di Telecom): ma naturalmente in questa panoramica, l’unica che è stata oggetto di attenzioni esagerate è stata soltanto la Juventus, dato che l’Inter è stata salvata fin troppe volte da azioni illecite (passaporti, plusvalenze, falsificazioni in bilanci), e Roma, Lazio e Napoli addirittura salvate dalla radiazione per ragioni di ordine pubblico, come testualmente ebbe a dire Matarrese, uno che oggi si presenta come immagine del calcio nuovo e di buona fede. Moggi dunque era uomo di quel momento, sempre ammesso che oggi il calcio sia davvero diverso, e da uomo di quel momento si adattava per ottenere il massimo ed il meglio per sé e per la società che rappresentava: insomma metodi magari spregiudicati ma in linea con la situazione di quel periodo e dunque, a mio giudizio, non censurabili se non tramite una vera azione di pulizia generale, che probabilmente avrebbe dovuto colpire il 70 – 80% delle società della massima serie di quel periodo. Detto ciò, alcune cose tuttavia mi sembrano da approfondire, con riferimento alle dichiarazioni di Moggi. La prima è sul fatto che a suo giudizio la Juventus abbia deciso di non difendersi. In realtà la proprietà e la nuova dirigenza non è che abbiano deciso di non difendersi, hanno semplicemente scelto una via, più o meno condivisibile, criticabilissima a mio parere, che è stata quella di troncare con il passato, di evitare lo scontro frontale con i poteri forti calcistici di quel momento, insomma di salvare il salvabile per ripartire in qualche modo. E’ stata una scelta strategica che può anche non piacere, ma in sostanza si è scelto il male minore, o meglio quello che sembrava il male minore all’epoca, dato che non sono poi tanto sicuro che la linea dello scontro totale e ad oltranza avrebbe prodotto effetti migliori, visto come erano determinati Giuda Rossi e complici a far fuori in qualsiasi modo la Juventus e la Triade. La seconda è che la Triade, in quanto entità che calcisticamente ha rappresentato oltre un decennio di storia bianconera, non esiste più. Ci sono stati a mio giudizio due passaggi di Moggi a suggellare questa mia opinione: il primo quando ha detto che lui da oltre due anni lotta da solo per questa vicenda, ed il secondo, quando ha ricordato che Giraudo, nel chiedere il rito abbreviato a Napoli, non ha preso le distanze da lui, e non potrebbe comunque prenderle in quanto era lui l’amministratore delegato e Moggi quindi un suo dipendente. Sono questi passaggi che vanno ben oltre il significato secco delle parole pronunciate da Moggi. Avete in questi anni sentito o letto qualche dichiarazione di Giraudo? O di Bettega? O di Fabio Capello? O di Andrea Agnelli, da molti ritenuto ed indicato come antagonista ed avversario di John Elkann sulla vicenda della Juventus, e per questo indicato come possibile alternativa alla guida della società bianconera? Io no, e penso neppure voi lettori e neppure i milioni di tifosi juventini che magari da costoro avrebbero voluto ascoltare difese concrete ed efficaci su media e su siti vari, difese che in realtà non sono mai arrivate. Giraudo è in silenzio fin dal maggio 2006, non ha voluto mai parlare di Juventus, dei suoi dodici anni di gestione, neppure per difendere questa gestione, ha preferito andare all’estero, a Londra, a curare propri interessi economici, e le ultime voci di corridoio lo danno come interessato a rientrare nel calcio italiano, a Torino si ma nella sponda granata, memore dell’essere stato ultras dell’altra squadra di Torino e per anni anche dirigente della stessa. Bettega, che peraltro dal ciclone calciopoli non è stato toccato in alcun modo, dopo un anno da consulente di mercato alla Juventus, ha scelto la via dell’anonimato, neppure lui ha mai parlato di quegli anni e non sembra volersene curare più di tanto di questioni che riguardano la Juventus, passata presente o futura. Capello, che peraltro fu il primo a fuggire, nonostante invitato a rimanere, dopo quella famosa intervista nel quale dichiarava che a suo giudizio calciopoli si sarebbe rivelata un bluff, a parte qualche attestato di stima verso Moggi e di difesa dei suoi scudetti alla Juve (blandamente però), non si è mai pronunciato chiaramente su calciopoli, mostrandosi anzi quasi infastidito. Infine Andrea Agnelli, che ricordo, era appunto la persona più vicina alla Triade nel maggio 2006. Di lui abbiamo letto una intervista a fine 2008, su Tuttosport, ed a parte la sortita sul sogno di acquistare Messi, o sull’attestato di stima a Giraudo, non mi pare si possano trovare tracce di aperta difesa di Moggi o di ostilità a John Elkann. Insomma, a suo tempo aveva tutti gli strumenti per eventualmente difendere la Triade, Moggi, e rivendicare con orgoglio dodici anni di gestione della società, sotto l’egida del padre Umberto, e non è dato sapere perché non l’abbia fatto; successivamente poteva quantomeno intervenire pubblicamente sempre a tutela dell’immagine della Juventus di quegli anni e soprattutto della gestione che in fondo era quella voluta proprio da suo padre, ma anche lui è rimasto silente. Moggi no, ha parlato, e tanto, ha lottato, e tanto, ha difeso sé stesso, ed in questo modo tutti gli altri. Quindi, quel riferimento al fatto che mentre lui ha combattuto in questi anni a differenza di altri, più che stoccata contro la nuova dirigenza della Juventus, mi è parsa una amara reazione al silenzio di chi, avendone condiviso le sorti con lui, nel bene e nel male, aveva quantomeno il dovere di un maggiore sostegno visibile, che invero non c’è stato. E questo a mio modo di vedere, fa “leggere” nella giusta dimensione la seconda affermazione di cui parlavo sopra, ossia quando Moggi ha ricordato di essere stato alle dipendenze di Giraudo. Certo, qualche maligno ha letto in quella frase un messaggio in codice, un voler dire a Giraudo che se lui va a fondo, si tira anche gli altri, ma non credo che fosse questo il significato vero. Io credo che sia stata questa una forma di amara reazione ad una sostanziale situazione di isolamento nella quale Moggi è venuto a trovarsi: per anni si è parlato di “Moggiopoli”, di cupola guidata da Moggi, di GEA di Luciano Moggi, di Moggi mostro del calcio italiano e quanto di peggio si sia potuto dire; spesso, in certe trasmissioni televisive o articoli di quotidiani, quando si è voluto fare esemplificazione in negativo, il nome che si è fatto a mò di esempio è sempre stato quello di Luciano Moggi. Bene, nessuno, ripeto NESSUNO, lo ha mai pubblicamente difeso; NESSUNO, ne ha pubblicamente rivendicato la comunanza di azioni e comportamenti di quegli anni. Moggi in quel modo ha voluto ricordare a tutti, ed in questo “tutti” ci ricomprendo anche la proprietà (ramo Elkann, ma anche ramo Agnelli), che lui era un dipendente della Juventus, dunque uno che agiva in un certo modo, sempre nell’interesse del gruppo, ed in particolare sempre in sintonia con Giraudo, amministratore delegato e uomo di fiducia di Umberto Agnelli. E questo deve fare riflettere quei settori di tifo bianconero che ancora fanno appello ad un ritorno al passato, e magari sognano la restaurazione della Triade con Andrea Agnelli presidente della società: siete davvero sicuri che sia una via alternativa realistica? Io credo di no, e credo che, ci piaccia o meno, per qualche anno ancora dovremo fare i conti con l’attuale dirigenza, e dunque con Cobolli Gigli, Blanc e Secco. Ma questo isolamento nel quale Moggi è stato lasciato un po’ da tutti, è la ragione per cui adesso ai miei occhi questo personaggio ne esce interamente rivalutato e riabilitato come uomo.
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