Tutte le partite ufficiali della stagione |
G. |
Pti |
Vit |
Par |
Sco |
Fat |
Sub |
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9 |
16 |
4 |
4 |
1 |
12 |
5 |
C |
7 |
15 |
4 |
3 |
0 |
16 |
7 |
F |
0 |
0 |
0 |
0 |
0 |
0 |
0 |
N |
16 |
31 |
8 |
7 |
1 |
28 |
12 |
T |
La Juventus dal 1900 ad oggi |
Gare ufficiali |
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Serie A |
4.579 |
Giocate |
3.088 |
2.508 (54,77%) |
Vittorie |
1.699 (55,02%) |
1.172 (25,60%) |
Pareggi |
836 (27,07%) |
899 (19,63%) |
Sconfitte |
553 (17,91%) |
8.194 |
Fatti |
5.378 |
4.459 |
Subiti |
2.910 |
C. Europee |
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Era 3 pti (uff.) |
512 |
Giocate |
1.557 |
281 (54,88%) |
Vittorie |
927 (59,54%) |
113 (22,07%) |
Pareggi |
369 (23,70%) |
118 (23,05%) |
Sconfitte |
261 (16,76%) |
871 |
Fatti |
2.737 |
472 |
Subiti |
1.378 |
Tutti i numeri della Juventus |
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Pubblicato il 13.12.2008
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Serantoni
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di Bidescu
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Pietro Serantoni nasce il 12 dicembre 1906. Nel 1927, a poco più di venti anni “Toni” è militare, a Milano, gioca nella “Minerva” in seconda divisione in attesa di lasciare la divisa e tornare a Venezia. Lo nota Arpad Veisz, allenatore dell’Inter: per trecento lire al mese diventa nerazzurro. Nel 1929-30 è promosso titolare, debutta a Livorno e Veisz gli assegna il compito più difficile, fermare il “motorino” del Livorno, Magnozzi. Ci riesce e l’Inter vince 2 a 1. Non salta una partita, conquista il primo scudetto a girone unico, un ottimo avvio di carriera. Trova un amico, Meazza, un ragazzino esile e sperduto in mezzo ai marcantoni delle difese. Ed allora guai a toccarlo, “Toni” con lealtà ma gelidamente, è pronto a spietate vendette. Con il “Pepp” fa coppia fissa, dentro e fuori dal campo e l’amicizia continua anche quando il calcio diventa solo un ricordo. Esordisce in Nazionale, giocando a Bruxelles contro il Belgio (3 a 2 con due goals di Meazza). La Juventus lo acquista sborsando la cifra di 65 mila lire, un anno in bianconero (siamo nel 1934-35), partecipa all’eliminatoria mondiale con la Grecia a Milano (4 a 0) ed il 14 novembre del 1934 è uno dei “leoni di Highbury”. Conquista il pubblico londinese per le sue doti di combattente e gladiatore, a fine partita scende negli spogliatoi, per congratularsi con lui, Guglielmo Marconi. Uno scudetto bianconero con 15 presenze e l’infortunio, menisco. L’operazione, settanta anni fa, è piena di incognite, anzi è una quasi certa condanna: niente più calcio. «E qui», raccontava, «nella sfortuna sono stato fortunato. Con un’altra società avrei dovuto smettere di giocare, la Juventus era diversa. Mi fece curare, guarire, ma poi mi cedette alla Roma. Forse non credeva nel miracolo». Nel 1936 debutta in giallorosso a Vienna (sconfitta per 3 a 1), gioca nella squadra dell’Europa Centrale (3 a 1 all’Europa Occidentale) ed “esplode” ai campionati mondiali in Francia. Viene giudicato uno dei laterali di maggior valore in campo mondiale. Pozzo lo giudica così: «Serantoni non è un tecnico di qualità eccezionali. È un combattente di levatura eccelsa, nelle situazioni difficili è l’uomo che trascina alla lotta l’intera squadra». Portabandiera della Roma, gioca l’ultimo campionato nel 1939-40 e si ritira. Dopo la guerra, accetta l’incarico di allenatore del Suzzara, del Padova (che portò in A) e per qualche mese della Roma. «Ma il calcio», diceva, «non è più per me, troppi furbi». Lo delude soprattutto la Roma, che cerca di salvare dalla B sostituendo Masetti e che, invece, poco dopo lo licenzia. Due episodi: è in ritiro, con la Nazionale. Piove, Pozzo dice niente allenamento e tutti tornano in camera od a giocare a carte. “Toni” invece si mette a correre nell’albergo, sale e scende ininterrottamente le scale. Pozzo lo ferma: «Sei matto ???» e lui spiega: «Io devo allenarmi. Se fuori non posso, lo faccio qui !!!» Nel 1936 la Nazionale gioca a Berlino, nel secondo tempo si frattura l’alluce del piede destro (lo stesso infortunio che aveva messo fuori combattimento Monti ad “Highbury”) ma lui non esce. Chiede solo a Pozzo che, dalla linea del campo, gli scandisca i minuti che mancano alla fine dell’incontro e gioca fino alla fine. Pozzo disse: «Ancora adesso non riusciamo a capire come poté superare quel dolore spaventoso, reggendosi in piedi fino al termine della partita. Il medico tedesco, che lo visitò in infermeria, mi disse che non credeva che un uomo potesse giungere a tale punto di stoicismo». Morirà il 6 ottobre del 1964, ucciso da un tumore al cervello. La volontà ferrea che lo aveva portato dai vicoli di Venezia al titolo di campione del mondo si è dovuta arrendere, per la prima volta, di fronte ad un ostacolo troppo forte.
http://ilpalloneracconta.blogspot.com/
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